Nessuna marcia indietro: presto l’apprendistato 15 anni sarà per legge equivalente alla frequenza in classe e quindi utile ad assolvere l’ultimo anno di obbligo scolastico. A confermare la volontà già espressa la scorsa settimana dagli esponenti della maggioranza in Commissione Lavoro, con l’approvazione dell’emendamento proposto da Giuliano Cazzola (Pdl), è lo stesso vice presidente della Commissione e responsabile Lavoro del Pdl che intervenendo nell’aula della Camera in sede di discussione generale sul ddl di riforma del lavoro ha lasciato aperto spiragli solo a modifiche marginali: in sede di Comitato dei Nove “sarà possibile precisare meglio” i contorni della norma, “ma il Governo – ha precisato Cazzola – e la maggioranza non intendono rinunciare al senso dell’emendamento, perché sono convinti di offrire in tal modo un’opportunità in più a dei giovani che si trovano in un passaggio molto critico e difficile, destinato a condizionare il loro futuro“.
Le parole del promotore dell’emendamento, che a giorni verrà votato in aula per l’approvazione finale, sono state ribattute dall’onorevole Maria Coscia (Pd), per la quale occorre “una riflessione più attenta” attraverso un atto di buon senso che porti ad un “ripensamento” e a “ritirare una norma ingiusta e inefficace“. Chi si oppone a questa possibilità sostiene, in pratica, che abbandonare la scuola qualche mese dopo aver conseguito la licenza media rappresenta un errorem da cui tutti i paesi più moderni starebbero cercando di prendere le distanze avvicinando l’obbligo formativo alla maggiore età.
Le parole del promotore dell’emendamento, che a giorni verrà votato in aula per l’approvazione finale, sono state ribattute dall’onorevole Maria Coscia (Pd), per la quale occorre “una riflessione più attenta” attraverso un atto di buon senso che porti ad un “ripensamento” e a “ritirare una norma ingiusta e inefficace“. Chi si oppone a questa possibilità sostiene, in pratica, che abbandonare la scuola qualche mese dopo aver conseguito la licenza media rappresenta un errorem da cui tutti i paesi più moderni starebbero cercando di prendere le distanze avvicinando l’obbligo formativo alla maggiore età.
Le possibilità che cha la richiesta dell’opposizione venga esaudita sono però davvero minime. L’on. Cazzola ha ribattuto che si tratta di un “tentativo rozzo e brutale di riportare indietro l’obbligo d’istruzione. Il provvedimento – ha sottolineato il relatore – è saldamente incardinato nel sistema previsto dalla legge Biagi che disciplina proprio l’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione” e “non è dunque una novità“.
Secondo la maggioranza, in pratica l’apprendistato è già oggi, secondo la legislazione vigente, un modo di assolvere il diritto-dovere di istruzione. “L’emendamento – ha sottolineato Cazzola – si limita a raccordare questa norma con quella dell’elevazione a 16 anni dell’obbligo d’istruzione, colmando una discrepanza normativa del tutto evidente“. Vengono respinte quindi, con fermezza, le accuse dell’opposizione di voler riportare a 15 anni l’età minima per l’accesso al lavoro modificando l’obbligo formativo. “Il Governo – ha continuato l’esponente del Pdl – non intende modificare la norma che ha elevato a 16 anni tale soglia. A nessuno sarà consentito di fare l’operaio o l’impiegato a 15 anni. Chi vuole potrà fare, a quell’età, l’apprendista solo perché si riconosce a tale rapporto un contenuto prevalente d’istruzione e formazione“.
Lavorare a 15 anni comporterebbe quindi un intrinseco valore culturale e formativo: “il lavoro non è solo fatica, sudore e alienazione, ma anche e nello stesso tempo compiacimento dell’opera, realizzazione ed autenticazione di sé e delle proprie capacità, occasione di coesione sociale e relazionale“. E siccome “la teoria non è incompatibile con la pratica, la scuola con l’impresa” per Cazzola “chi lavora non è necessariamente un giovane che ha fallito nello studio“.
Lavorare a 15 anni comporterebbe quindi un intrinseco valore culturale e formativo: “il lavoro non è solo fatica, sudore e alienazione, ma anche e nello stesso tempo compiacimento dell’opera, realizzazione ed autenticazione di sé e delle proprie capacità, occasione di coesione sociale e relazionale“. E siccome “la teoria non è incompatibile con la pratica, la scuola con l’impresa” per Cazzola “chi lavora non è necessariamente un giovane che ha fallito nello studio“.