L’aria che si respira nelle aule e nei corridoi delle scuole europee sarebbe tutt’altre che salutare: il livello di polveri ed anidride carbonica risulta decisamene sopra la soglia tollerabile. Soprattutto in Danimarca, dove in due aule su tre sono presenti livelli di PM10 e di CO2 – entrambi indicatori della qualità dell’aria – superiori ai limiti consigliati. Ma subito dopo, purtroppo, ad avere una qualità più scarsa di aria c’è il nostro Paese, l’Italia, quasi appaiato alla Francia. I poco rassicuranti dati – che verranno presentati al 20° Congresso ERS-European Respiratory Society che si terrà a Barcellona dal 18 al 22 settembre – emergono dallo studio pilota europeo Hese (Effetti dell’ambiente scolastico sulla salute), pubblicato sull’European Respiratory Journal, al quale ha partecipato l’Istituto di fisiologia clinica del Centro nazionale ricerche (Ifc-Cnr).
Lo studio, coordinato da Piersante Sestini dell’Università di Siena, è stato condotto su un campione di scuole di Siena, Udine, Aarhus (Danimarca), Reims (Francia), Oslo (Norvegia) e Uppsala (Svezia) frequentate da più di 600 alunni con età media di 10 anni. Ebbene, al termine delle rilevazioni è emerso che quanto alle PM10 – polveri respirabili con diametro fino a dieci micron – il livello massimo stabilito dall’Epa (Environmental Protection Agency) per le esposizioni a lungo termine – fissato a 50 microgrammi/metro cubo – risulta superato nel 78% delle aule monitorate (Danimarca al primo posto, con 170 mg/m³, seguita dall’Italia con 150 mg/m3).
Per quale che riguarda la concentrazione di anidride carbonica, il valore standard suggerito dall’Ashrae (American Society of Heating, Refrigerating and Air-Conditioning Engineers), per le esposizioni a lungo termine viene superato nel 66% delle aule europee con Italia, Francia e Danimarca ai primi posti.
Per quale che riguarda la concentrazione di anidride carbonica, il valore standard suggerito dall’Ashrae (American Society of Heating, Refrigerating and Air-Conditioning Engineers), per le esposizioni a lungo termine viene superato nel 66% delle aule europee con Italia, Francia e Danimarca ai primi posti.
“Le concentrazioni di PM10 e CO2 – ha commentato Marzia Simoni dell’Istituto di fisiologia clinica dell’Ifc-Cnr di Pisa, prima autrice dello studio – risultano correlate: all’aumentare di un inquinante corrisponde un aumento dell’altro“. Un pericoloso andamento su cui l’Ue farebbe bene a fare attenzione, ponendo i dovuti accorgimenti (con relative sanzioni) nei confronti dei Paesi meno attenti all’aria dei suoi cittadini.