L’autolesionismo fisico tra i fenomeni inesplorati del mondo giovanile

Uno dei primi presupposti e capisaldi centrali per la crescita di una sensibilità critica nella società contemporanea è certamente costituito dalla libertà di stampa, in cui il conoscere è tutto. 
Oggi viviamo in questa prospettiva un periodo alquanto problematico sotto diversi aspetti. Tra i fenomeni meno conosciuti che attanagliano la società moderna ve ne sono alcuni che colpiscono soprattutto i giovani, non soltanto nel corpo, ma per così dire nella loro anima. Tutti conosciamo ed assistiamo impotenti al dilagare del consumo di sostanze stupefacenti a costi e verso utenti sempre minori. Un altro fenomeno connesso al disagio sociale giovanile è quello dei disturbi alimentari: come la bulimia e soprattutto il suo esatto contrario, cioè l’anoressia. 
Vi sono poi dei fenomeni legati alla violenza da parte di adulti e tra minori coetanei, soprattutto di natura sessuale in realtà particolarmente degradate. Ma un fenomeno spesso sottostimato, in quanto di difficile emersione è rappresentato dall’autolesionismo fisico dei giovani. Tale tipologia costituisce un argomento di indagine sempre più ricorrente negli studi realizzati da esperti del disagio giovanile.

Dai più recenti dibattiti su tale preoccupante tematica emerge che i motivi che spingono i ragazzi verso l’autolesionismo sono sempre più numerosi, tanto che esso è diventato oggetto di monitoraggio da parte delle istituzioni pubbliche e delle forze dell’ordine. Tra i molteplici studi di settore, dibattiti, conferenze e summit in materia, di recente si è tenuto a Vicenza il 3 e 4 scorso il Convegno su “Autolesionismo, disturbi alimentari e disturbi di personalità”, patrocinato dalla Sisdca cioè dalla Società italiana per lo studio dei disturbi del comportamento giovanile che ha reso nota una serie di esperienze da cui viene fuori un dato allarmante. 
Secondo tale analisi, che s’è avvalsa anche dell’apporto di esperti internazionali ed in particolare di prestigiosi clinici belgi, emerge un comportamento con frequenza e intensità variabili, che può arrivare in casi estremi a compromettere l’integrità fisica del soggetto. Infatti, oltre il 20% dei giovani italiani ammetterebbe di essere tecnicamente autolesionista, ossia di essersi volontariamente procurato ferite, escoriazioni, ematomi, graffi, tagli, lividi, bruciature o traumi almeno una volta con gravi e pericolosi propositi, talvolta anche suicidi (secondo alcune statistiche la morte sopraggiungerebbe nel 9-10% di analoghi tentativi). 
Le ragioni possono essere varie (per provare nuove emozioni, per noia, per masochismo e soprattutto per lenire emozioni negative, per ottenere l’attenzione degli altri, per entrare in uno stato di torpore o insensibilità, per ‘sballare’, per sentirsi o non sentirsi diverso, ma tra tutte primeggia una causa costante: il mancato livello di integrazione sociale, specialmente a scuola ed in famiglia. In particolare, tali comportamenti sono più frequenti nei pazienti con disturbi alimentari, come le suddette anoressia e bulimia. Il dato é nuovo, se non per gli addetti ai lavori, per la maggior parte dei media. 
Quasi un quarto dei giovani (otre il 23%) delle scuole superiori (con un’età media di esordio di circa 13 anni) ed oltre il 20% degli universitari avrebbe sperimentato in passato episodi di autolesionismo. 
Un popolo che si vanta di essere la culla della civiltà deve necessariamente promuovere non solo lo sviluppo di una coscienza sociale e ambientale, ma anche la consapevolezza e la conoscenza di fatti, idee ed opinioni, presupposti indefettibili per formarsi una coscienza critica.

Dario Consoli

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