Il direttore del settimanale del Corriere della Sera “Sette”, Beppe Severgnini, ha risposto sulla rubrica “Italians” alla mail di una lettrice riguardo il ruolo dei docenti.
L’educatrice di 40 anni ha scritto della sua condizione di lavoro con i ragazzi disabili e del suo rapporto con gli insegnanti
“Per forza di cose io e i miei colleghi siamo spesso, non sempre per carità, spettatori dell’indegno teatrino che alcuni docenti mettono in scena dopo 9 mesi di lavoro. Sono anche madre però. Ho un bambino nella scuola dell’infanzia e uno alla primaria. Ho tre sguardi: quello dell’educatore, quello della madre e quello dell’essere umano. Io, per avere uno stipendio che possa definirsi tale, devo lavorare 31 ore settimanali per poi correre a prendere i miei figli a scuola, a rugby, a nuoto… perchè non abbiamo nonni utili. Quello che continua a sconcertarmi è l’atteggiamento di perenne lamento che hanno alcuni docenti…. 18 ore settimanali più collegi, scrutini quando è il periodo, aggiornamenti. Qualsiasi cosa oltre quelle 18 ore dà il via a un lamento continuo e senza senso. Nella scuola dell’Infanzia dove ho lavorato quest’anno hanno già approvato e messo a calendario che anche l’anno prossimo l’ultima settimana di scuola i bambini faranno orario ridotto, cioè usciranno alle 13. La domanda è: perché? La risposta è semplice: sono stanche. Ma in una famiglia dove entrambi i genitori lavorano chi può ritirare il figlio alle ore 13? Risposta: chi ha i nonni disponibili. E chi non li ha cosa fa? Si arrangia. “Con questo caldo è meglio che i bambini stiano a casa”, mi sono sentita dire. Ma stiamo scherzando? Tutto questo, e molto molto molto altro, è permesso. Spero davvero che il ministro sia al lavoro per dare senso e dignità a quegli stipendi.
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Ecco la risposta di Beppe Severgnini
Mai trasformare un’esperienza personale in un fenomeno generale. Detto ciò: riflessione interessante, grazie Viviana. Credo che il problema della scuola sia questo: non riesce a distinguere tra eroi (molti) e sfaticati (alcuni), tra persone serie (tantissime) e furbini (troppi). In questo, mi sembra di poter dire, il sindacato non aiuta; alcune regole neppure (la possibilità di prendere aspettative lunghissime, per esempio, mantenendo il posto). Ho letto anch’io l’articolo sull’utilizzo improprio della legge 104 pubblicato sul “Corriere“. Inventarsi un familiare disabile per superare i colleghi nelle graduatorie e ottenere l’avvicinamento: roba da matti. Secondo voi queste persone avranno un rimorso di coscienza? I sindacati interverranno? Verranno rispedite nelle sedi da cui sono scappati? Temo che la risposta sia la stessa: no.
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