Nel Canton Ticino, grazie a un referendum popolare promosso da un imprenditore italiano, si legge sul quotidiano Avvenire del 30 settembre, gli studenti delle medie e delle superiori dovranno studiare Educazione civica come materia separata da storia.
Il lettore Antonio Bovenzi scrive al direttore di Avvenire: ”Forse sarebbe il caso di reintrodurre tale materia anche nell’ordinamento scolastico italiano” ed il direttore Marco Tarquinio così risponde:
Da anni ormai, siamo tra quanti auspicano il ripristino, ma vero e finalmente convinto, dell’insegnamento dell’Educazione civica nella scuola italiana.
Anch’io personalmente mi sono speso per questo, e sono grato al professor Luciano Corradini, illustre pedagogista e già presidente del Consiglio superiore della Pubblica istruzione, che più di tutti l’ha fatto e lo fa. Certo, ho pure piena consapevolezza dell’obiezione, a tutt’oggi vincente, di chi ritiene che l’Educazione civica debba essere usata come una sorta di “lievito” nell’impasto dei “pani” di altri fondamentali insegnamenti. Il problema è che questo non avviene abbastanza, non avviene sempre, anzi – a essere onesti – avviene in modo episodico, intermittente, appena formale… è un problema serio.
Sia chiaro, so che ci sono delle buone pratiche scolastiche, così come so che non è solo la scuola – ci sono prima di tutto la famiglia e, insieme, parrocchie e oratori, luoghi associativi, strutture di volontariato… – che può e deve contribuire alla consapevolezza umana e civica dei nostri figli (e, attraverso loro, alimentare la nostra di adulti), ma vedo troppi vuoti, più di una grave noncuranza, la tendenza a dare per scontato ciò che scontato non è del tutto: la pacifica condivisione dell’alfabeto fondamentale della comune cittadinanza. E non mi rassegno, da cittadino e da cristiano.
Faccio parte di quella generazione che è nata “vicino alla Costituzione” (personalmente dieci anni dopo la sua entrata in vigore, nel 1948) e formata – anche con qualche retorica, ma soprattutto con speranza e passione – a conoscersi e riconoscersi con naturalezza e voglia di cambiamento in quell’orizzonte valoriale e civile, costruito assieme da uomini e donne di ispirazioni ideali diverse ma capaci di unità sui “fondamenti”, e che ha nel personalismo cristiano una radice potente. Un orizzonte che ha dato senso alla ricostruzione morale e materiale e all’impetuoso sviluppo del nostro Paese – e all’ideazione e costruzione di un’altra Europa – dopo il fascismo e la fine della lunga guerra che tra il 1914 e il 1945, aveva insanguinato il cuore del Novecento.
Per questo non riesco a rassegnarmi a una vasta smemoratezza e a una purtroppo crescente ignoranza. E credo che un insegnamento proprio di Educazione civica – che non sia ridotto a “foglia di fico” e sia davvero “lievito” anche in altre materie – possa essere uno strumento davvero utile. Soprattutto in questo tempo in cui – lo ripeto da sostenitore, quale sono, dello ius culturae in tema di cittadinanza – le nostre scuole sono il luogo dove cresce una generazione di italiani che hanno anche origini straniere.
La saggia risposta del Direttore ritrova l’approvazione di tanti. Nella civilissima e ricca Svizzera si custodiscono i valori e noi scartiamo i doni che i nostri Padri ci hanno lasciato.
Ricordare che l’Educazione Civica è nata a Catania, al Castello Ursino nel febbraio del 1957, divenuta legge e materia per le scuole italiane nel 1958 (Ministro: Aldo Moro), nel primo decennale della Costituzione Italiana, è un dovere di rispetto della memoria storica della scuola italiana.
Purtroppo il sistema scolastico rimane ingessato. Diventa facile cancellare, abolire, ridurre e risulta poi difficile ricostruire, ricomporre, restituire valore e dignità ad una disciplina definita “trasversale” e come tale di tutti e di nessuno. Materia cenerentola, ancilla della cattedra di Lettere e affidata alla sensibilità personale dei docenti con evidenti segni a macchie di leopardo.
Non sono stati sufficienti, anche se positivi ed efficaci gli interventi e i benefici formativi dei progetti di legalità, ambiente, salute, rispetto, ed ora anche cultura di genere
Non sono stati sufficienti i progetti di Educazione civica applicata, mediante l’attivazione del Consiglio Comunale dei Ragazzi che adesso è diffuso in circa mille scuole italiane.
E’ mancata la sistematicità che è una dimensione connotativa della scuola e quindi l’occasionalità, la facoltatività, l’opzione libera, non corrisponde ai principi e ai doveri della scuola. Lo confermano i dati che testimoniano la non conoscenza da parte di tanti ragazzi delle norme elementari dell’ordinamento dello Stato e della Repubblica Italiana.
Nelle auspicate nuove linee guida per l’applicazione della Legge 107/2015, che più volte fa riferimento alla cittadinanza attiva, si auspica che l’Educazione civica o alla Cittadinanza sia oggetto di valutazione autonoma.
Perché questo possa avvenire “Cittadinanza & Costituzione” deve diventare una materia autonoma, assegnata ad un docente (lettere, storia, diritto) e quindi con uno specifico curriculo formativo, diventare “disciplina” e quindi oggetto di studio sistematico da parte degli studenti e oggetto di valutazione e contribuire alla definizione del curriculo formativo dello studente italiano, mentre adesso tale percorso formativo resta generico, approssimativo e superficiale.
I contenuti disciplinari, “sistematici e critici”, di “Cittadinanza & Costituzione” accompagneranno la crescita evolutiva degli studenti nei diversi ordini e gradi e solo così si potrà dire che la scuola forma uomini e cittadini.
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