Categorie: Attualità

L’empatia come prevenzione del bullismo: iniziamo dalle scuole

Mai come in questi giorni, ci si interroga sul perché spesso i giovanissimi arrivino ad assumere atteggiamenti anche crudeli nei confronti dei loro coetanei.

L’interrogativo si pone copo ulteriori episodi di bullismo nelle scuole. Tanto che in queste ore nel web circola una petizione che chiede di dare voce alle vittime e punizioni più severe contro questo odioso fenomeno.

Molti sostengono che possa dipendere in ampia misura dalla capacità di empatia dei soggetti in questione, ovvero sulla facoltà di valutare e di immedesimarsi negli altri.

In Danimarca ad esempio ci si esercita un’ora a settimana a scuola: nelle scuole tutti i giovani tra i 6 e i 16 anni trascorrono un’ora a dialogare, aprirsi con gli altri, condividere e rivelare aspetti di sé, incrementando la propria capacità di comprensione, di immedesimazione e di stabilire un contatto con gli altri.

Questo perché spesso i ragazzi sono estremamente focalizzati su loro stessi e faticano non solo ad ascoltare qualcun altro, ma anche a curarsi delle reazioni altrui e a mettersi nei panni dei loro coetanei. Lo scambio emotivo è importante per imparare ad ascoltare e a riflettere su ciò che si ascolta.

Ma si può davvero insegnare l’empatia?

 

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C’è chi crede di sì, chi crede che alcuni ragazzi siano incapaci di entrare in sintonia con i coetanei perché nessuno glielo ha mai insegnato prima.
L’empatia dunque sarebbe una capacità presente in chiunque, ma la si deve sviluppare ed ampliare proprio come una qualsiasi forma di educazione. Incominciare da casa e dalla scuola è la strada più ovvia. Soprattutto perché la scuola non è soltanto il luogo in cui i giovani trascorrono la maggior parte del loro tempo, ma è anche quello in cui si verifica la quasi totalità degli atti di bullismo.

Bisogna tener presente poi che gli atteggiamenti di prevaricazione sugli altri sono sempre rivolti a bambini o adolescenti che per qualche motivo vengono percepiti come diversi. Basti pensare ai ragazzi omosessuali: il 96% di loro ha ricevuto almeno una volta offese in riferimento al loro orientamento sessuale a scuola. Nel nostro paese poi si parla troppo poco di omofobia nelle scuole, un po’ perché l’argomento è sempre particolarmente spinoso, un po’ perché molti insegnanti si sentono in difficoltà ad affrontare una questione simile senza lasciar trapelare il proprio pensiero al riguardo.

Tuttavia c’è bisogno di far capire ai bambini, soprattutto dando loro il buon esempio, l’importanza di tener sempre in considerazione i sentimenti delle persone con cui entrano in contatto e che ogni comportamento può suscitare delle reazioni in chi hanno di fronte.

Gli insegnanti devono dunque fornire sostegno ad entrambe le parti, tanto a chi subisce quanto a chi infligge. In particolar modo è bene che affrontino il comportamento sbagliato di questi ultimi, cercando, insieme alle famiglie, di educarli alle relazioni con gli altri senza sentire il bisogno di sottometterli per poter prevalere.

 

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Giulia Mirimich

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