La rivista “Gli Asini” mette il dito nella piaga del sistema di valutazione degli alunni: “Non dobbiamo mai dimenticare che la scuola, oltre a un luogo di socialità e di apprendimento, ha anche le caratteristiche di una istituzione totale, dove bambini e ragazzi sono sottoposti a frequenti arbitrii da parte di noi insegnanti, praticamente insindacabili”.
Non tutti i docenti sono uguali, sussurra la rivista, ma a fronte di coloro che “cercano di operare per sviluppare libertà e intelligenza critica”, ce ne sono altri che “non si accorgono neppure dello spirito di coercizione che permea molti loro atti”.
E infatti, sottolinea il giornale, “non dobbiamo mai dimenticare che voti e valutazione sono degli strumenti più potenti di cui disponiamo noi insegnanti per tenere a bada e addomesticare gli allievi. Strumenti che possono provocare sofferenze e discriminazioni, perché si tratta di oggetti contundenti che a volte feriscono, anche gravemente”.
“Cattivi apprendimenti o fallimenti precoci, vissuti da bambini o nella prima adolescenza, possono condizionare grandemente il futuro e orientare verso un allontanamento dallo studio e dalla conoscenza, intesa come luogo di crescita e costruzione di libertà e possibilità personali più ampie”. Queste considerazioni tuttavia, dovrebbero pure permeare il legislatore e chi di scuola e istruzione si interessa a livello parlamentare, perché per molti versi il lavoro dell’insegnante è molto simile a quello del giudice “togato”, visto che della sue sentenze dipende il futuro di chi si pone davanti alla legge per essere giudicato, e una sentenza sbagliata o toppo rigida, ma anche troppo tenue, può stravolgere una intera esistenza.
Sbagliare o sottovalutare o sopravvalutare un giudizio, nella forma del voto numerico, ha talvolta conseguenza perniciose e che possono andare, come sottolineava la rivista, oltre la discriminazione e oltre la sofferenza.
Per questo pensiamo che l’ordinamento complessivo sulla scuola debba essere rivisto con molta più attenzione e sensibilità, e soprattutto senza demagogia, non dimenticando appunto che a scuola e sui banchi si forma non solo il cittadino ma anche il futuro del cittadino stesso.
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