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L’esame di Stato resta e non cambia

 

“Dobbiamo rimettere lo studente al centro del sistema, ma tenere a mente ciò di cui le imprese dicono ogni giorno di avere bisogno: diplomati qualificati e dinamici”.

A questo proposito Giannini apre anche ad altre due novità, una presa a prestito dal modello tedesco e l’altra da quello statunitense: stage pagati per chi esce dalle superiori e possibili incentivi per chi assume da un lato, sgravi fiscali per sponsor e mentor privati dall’altro.

Insomma, “l’istruzione che abbiamo in mente punta a incrementare l’alternanza scuola/lavoro e guarda molto al rapporto con il mondo produttivo, ma anche, perché no, agli enti pubblici e alle istituzioni culturali: c’è bisogno di rinnovamento e freschezza a tutti i livelli”.

“In molti Paesi un esame finale delle scuole superiori non c’è, ma il nostro esame rimarrà, magari migliorato”.

“A cosa penso? Per la prima prova: credo si potrebbe arrivare a una prova molto indicativa, il cosiddetto saggio breve, in cui un candidato ha tante fonti, un argomento, e deve esprimersi in breve, sintetizzare l’argomento. Quella è una prova che lascerei e forse sfronderei alcune altre, ragionandoci nei gruppi di lavoro, e non come iniziativa unilaterale del ministro”.

“Poi ripenserei la famosa tesina”, ha aggiunto la ministra. “Ci stiamo rendendo conto che spesso sono lavori compilativi, copia-e-incolla.
 Cerchiamo di renderla invece un’occasione per gli studenti e per gli esaminatori per capire se c’è stato impegno operativo, e puntiamo a che tutti gli studenti degli istituti tecnici facciano alternanza scuola lavoro e non solo il 9% come finora. Anche al classico e allo scientifico si può avere una maggiore dimensione applicativa”.

Del resto, continua, “la riflessione che abbiamo avviato sulle competenze degli studenti vuole rivisitare sia la didattica nelle classi sia il rapporto tra ciò che succede in aula e ciò che accade fuori”. 

 

Pasquale Almirante

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