L’illecita presunzione del Miur: non aver vincoli di mandato

Il Ministro della Pubblica Istruzione, nel 1970, ha identificato la finalità educativa della scuola e l’ha sintetizzata in “un modo di essere, non un modo di sapere”.

Un postulato che ha ispirato molti provvedimenti, tra cui:

I decreti delegati del 74 che hanno modellato la struttura decisionale delle scuole in funzione della tensione cognitiva degli studenti.

Il legislatore, in considerazione al fatto che il ”saper essere” varia al variare del contesto, ha posto come fase iniziale della progettazione educativa “l’elaborazione e l’adozione degli indirizzi generali”, da definire sotto forma di competenze generali.

Seguono: l’elencazione degli obiettivi, la puntuale descrizione dei traguardi comportamentali, la formulazione d’ipotesi, la messa a punto di strategie, la loro gestione e il feed-back, fasi del processo di sviluppo dalle capacità, componenti portanti delle competenze generali.

Successivamente sono da individuare e scegliere le modalità di convergenza di tutti gli insegnamenti verso i traguardi identificati [capacità].

L’insegnamento é la fase conclusiva: i docenti progettano e gestiscono “occasioni di apprendimento” per conseguire sia gli obiettivi collegialmente selezionati, sia per trasmettere una corretta e coinvolgente immagine della disciplina insegnata.

Il DPR del ’99 sull’autonomia scolastica che, confermando e rafforzando la struttura organizzativa introdotta nel ’74, colloca “la progettazione e la realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione” a fondamento dell’assetto scolastico [art. 1]

Si tratta di un cambiamento profondo della funzione docente: non più guida all’interno del labirinto del sapere ma progettista e gestore di percorsi didattici finalizzati, convergenti, condivisi, “mirati allo sviluppo della persona umana”. Un cambiamento che comporta l’abbandono del tradizionale punto di vista, la gestione dell’insicurezza, un maggior impegno, il lavoro d’équipe.

Un cambiamento che innova il significato di “libertà d’insegnamento”: prima il docente fissava arbitrariamente gli obiettivi della sua attività, individuandoli all’interno della disciplina insegnata; nel nuovo contesto le scelte progettuali sono vincolate dagli obiettivi di crescita delle potenzialità degli studenti.

Il mancato rispetto della legge è stata la prevedibile risposta dei docenti, viste le elusioni e le omissioni che hanno caratterizzato l’azione dai dirigenti scolastici: le responsabilità del loro ufficio non sono MAI state onorate.

L’istituzione non è stata portata a unità per l’assenza di ordini del giorno atti a vincolare al mandato ricevuto le decisioni e l’attività degli organismi della scuola.

In questo quadro si colloca il Miur, organo esecutivo dello Stato che vigila sulla corretta applicazione della legge. Responsabilità non ottemperata. Le cause dell’inefficacia dei decreti delegati e della norma sull’autonomia non sono state cercate e, in spregio al vigente sistema di regole, la trasgressiva e generalizzata risposta delle scuole è stata condivisa, giustificata e confermata: la legge di iniziativa governativa n. 107/2015 ha abrogato le due disposizioni, la prima alla luce del sole, la seconda tacitamente.

La mancata percezione della complessità della mission della scuola ha generato semplificazioni e banalizzazioni, come accadrebbe in una catena di supermercati che disegna le strategie di mercato in funzione dell’attività delle cassiere.

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