Poco per volta, con fatica e contraddizioni, la verità sta incominciando a venire a galla.
A 15 anni di distanza dal mitico slogan di Luigi Berlinguer (“Un computer su ogni banco”) e a 12 anni dalle “tre I” di Moratti e Berlusconi si scopre ora che le scuole italiane sono poco o per nulla dotate di strumentazione tecnologica.
Anzi ci si accorge (ma ci voleva una indagine Eurispes per saperlo ?) che la “digitalizzazione” e la “dematerializzazione” sono di là da venire.
Ma i dati che più colpiscono sono due.
Il primo riguarda l’entità degli investimenti, 5 euro ad alunno.
Non c’era certo bisogno di pagare una équipe di attenti ricercatori per capirlo. Quando dal Miur o da Palazzo Chigi sbandierano cifre mirabolanti basta fare qualche semplice calcolo mentale per capire la vera portata delle novità.
I conti sono facili: i dipendenti del Miur sono più o meno un milione (800mila i docenti), gli studenti sono mezzo milione per ogni anno (2milioni e mezzo di primaria, 1 e mezzo di secondaria di primo grado e così via).
I 10milioni per l’aggiornamento dei docenti stanziati dal DL 104 equivalgono dunque a una dozzina di euro per ogni insegnante in servizio; ovvero come se una piccola azienda con 25 dipendenti investisse 300 euro: lo capisce chiunque che un’azienda del genere cesserebbe di essere competitiva nell’arco di un paio di anni (e forse meno).
I 15 milioni di euro per le reti wireless destinante alle scuole superiori significano in concreto 6 euro per studente o, se si preferisce, meno di 5mila euro per ciascuna istituzione scolastica.
Ma c’è un secondo dato altrettanto preoccupante e riguarda la manutenzione dell’esistente.
Basta parlare con chi nella scuola lavora o frequentare i social network per sapere che, ormai, nelle scuole accade di tutto: computer riparati da genitori, siti web realizzati da insegnanti che hanno dovuto rubare tempo al sonno per mettere on line la famigerata (e inutile) sezione sulla “trasparenza” (e ricordiamo che quest’anno un docente funzione strumentale arriverà a prendere a male pena mille euro lordi di compenso), connessioni internet traballanti e via discorrendo.
Risultato: di questo passo avremo le LIM in tutte le classi fra 10, 15 o addirittura 20 anni. Ma, fra 15-20 anni le LIM serviranno ancora ?
A noi sembra che manchi una visione strategica e complessiva dell’intera operazione. Si sta navigando a vista senza neppure sapere quale sia la metà verso cui dobbiamo dirigerci. E, alle volte, senza neppure l’aiuto di una carta nautica e di una bussola. Aggiungiamo pure che spesso gli equipaggi delle singole imbarcazioni (fuor di metafora collegi dei docenti, consigli di istituto e dirigenti scolastici) sembrano aver smarrito quel poco di senso critico che forse potrebbe indurli a ritoccare un po’ la rotta imposta dall’alto. A queste condizioni il naufragio è quasi certo.
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