Se l’alunno si fa male durante l’ora di educazione fisica, non può pretendere dall’Amministrazione scolastica il risarcimento del danno subito per il semplice fatto che l’insegnante non ha fatto svolgere agli alunni gli esercizi di riscaldamento.
In pratica l’incidente può sempre capitare anche durante un’altra ora, e se capita durante l’ora di educazione fisica il Miur corrisponde il danno a condizione che l’incidente non sia avvenuto a “freddo”: sentenza incomprensibile, ma sentenza della Cassazione.
La vicenda è narrata dal Sole 24 Ore. Una ragazza, che all’epoca dei fatti frequentava il quinto anno, nell’ora di educazione fisica, era caduta provocandosi una distorsione al ginocchio. Citato in giudizio la scuola e il Miur chiede il risarcimento dei danni subiti, in quanto la caduta doveva essere ritenuta riconducibile alla mancata esecuzione degli esercizi di riscaldamento. Il Tribunale condannava in primo grado il Ministero, mentre in appello il verdetto veniva rovesciato, mancando il nesso di causalità tra la mancata esecuzione degli esercizi di riscaldamento e la caduta per terra della ragazza. In particolare, i giudici di merito avevano affermato che «appare improprio fare derivare una probabilità significativamente maggiore del verificarsi di dette lesioni dal mancato svolgimento degli esercizi di riscaldamento, posto di una caduta durante il gioco può verificarsi in ogni momento e per una serie di ragioni e ciò anche ad una giocatrice che sia perfettamente riscaldata».
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Rivoltosi alla Cassazione chiede ai giudici di riconsiderare il ragionamento della Corte d’appello sulla prova e sul nesso causale, portando le testimonianze dei compagni di classe, secondo cui «per prassi, l’insegnante di educazione fisica non faceva eseguire il riscaldamento prima della partita di pallavolo, né forniva alle allieve adeguate istruzioni sulle precauzioni da adottare nell’affrontare una partita “a freddo”».
La Cassazione, tuttavia, conferma la decisione dei giudici di merito e non prende in considerazione gli argomenti della ricorrente in quanto volti ad una rilettura dell’apprezzamento in fatto della vicenda, esclusa nel giudizio di legittimità. In sostanza, per la Corte, i giudici di merito non sono incorsi in nessuna violazione ed hanno fornito una motivazione logica e priva di vizi, avendo negato – sulla base della relazione del consulente tecnico chiamato dal giudice – la sussistenza del nesso causale tra il mancato stretching ed il danno subito a seguito della caduta.
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