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L’innovazione educativa: cultura, economia, politica.

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Riparte la battaglia per la cosiddetta libertà di scelta educativa da parte dei suoi promotori, attraverso una riflessione a più voci su “Cultura, economia, politica.  L’innovazione educativa”, promossa dalla rivista telematica interdisciplinare Politica.eu, mercoledì 14 giugno 2017 presso l’Universitas Mercatorum nella sua sede di Palazzo Costaguti – Piazza Mattei 10, Roma.

A questo momento parteciperà la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, mentre interverranno il Rettore Prof. Giovanni Cannata, ordinario di Politica economica; Michele Rosboch, Direttore di Politica.eu e docente di Storia del diritto italiano nell’Università di Torino; Pasquale Pazienza, docente di Politica economica nell’Università di Foggia; Paola Maria Zerman, Avvocatura dello Stato. Coordinerà i lavori Ivo Stefano Germano, docente di Sociologia dei nuovi media nell’Università del Molise.

 

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Il coordinamento scientifico e organizzativo è affidato ad Alessia Lirosi (docente di Storia moderna, Università di Verona).

Come è noto a mettere in risalto la questione è il saggio “Il diritto di apprendere. Nuove linee di investimento per un sistema integrato” di A.M. Alfieri, M. Grumo, M.C. Parola, secondo il principio che anche i genitori poveri possono scegliere la buona scuola pubblica paritaria, perché “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” che limitano “di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini” (Cost., art. 3).

Secondo gli assertori del sistema integrato la produzione di un bene o servizio di tipo collettivo (come l’istruzione) può essere realizzata tanto dal settore pubblico quanto da quello privato. La produzione pubblica deve essere giustificata con ragioni diverse dall’impossibilita’ di provvedervi da parte di privati e la principale spiegazione è che la collettività vede nel processo di produzione pubblica del bene/servizio qualcosa di diverso e migliore rispetto a quello privato. Di conseguenza, esiste la disponibilità a pagare una differenza di costo per la sua acquisizione. Diversamente non esiste alcun impedimento a che il bene o servizio venga prodotto da parte privata.

È questa la ragione per cui  “La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali” (Cost., art. 33, comma 4).

Insiste il Parlamento Europeo (Risoluzione 14 marzo 1984, art. 7): “La libertà di insegnamento e di istruzione comporta il diritto di aprire una scuola e svolgervi attività didattica. Tale libertà comprende inoltre il diritto dei genitori di scegliere per i propri figli, tra diverse scuole equiparabili, una scuola in cui questi ricevano l’istruzione desiderata.”

Ma lo Stato non può reggere finanziamenti aggiuntivi per la scuola tout court. L’unica soluzione per evitare il tracollo della scuola pubblica, sia statale che paritaria, è il costo standard di sostenibilità per allievo.

La proposta prevede che lo Stato ponga al centro dell’attenzione lo studente. Si individui un costo standard di sostenibilità (da declinare in convenzioni, detrazioni, buono scuola, voucher ecc.) e lo si applichi ad ogni allievo della scuola italiana, sia statale che paritaria. Si realizzerebbe la libertà di scelta educativa in un pluralismo formativo, dando alla famiglia la possibilità di scegliere la buona scuola che desidera, pubblica statale o pubblica paritaria; la spesa sarebbe a costo zero rispetto all’attuale, che è fuori controllo. Migliorerebbe l’offerta educativa perché il passaggio decisivo del “costo standard” non sta nella uguaglianza economica, ma nel rafforzamento della responsabilità della famiglia e del potere della domanda, rispetto all’offerta scolastica garantita. L’alternativa dei finanziamenti a pioggia rappresenta il tracollo economico della scuola pubblica tutta, statale e paritaria.