L’Inps torna a fornire chiarimenti relativi all’applicazione della Sentenza della Corte Costituzionale n. 223/2012 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 10, del decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78.
Ricordiamo che l’art. 1, commi 98 -101, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – che ha recepito i contenuti del decreto legge n. 185/2012, decaduto senza conversione in legge e che contiene disposizioni per l’attuazione della Sentenza della Corte Costituzionale dell’8 -11 ottobre 2012, n. 223 – ha stabilito l’abrogazione dell’art. 12, comma 10, del citato decreto legge n.78/2010 a decorrere dal 1° gennaio 2011 e, nel contempo, la riliquidazione d’ufficio entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto stesso (31ottobre 2012) di tutti i trattamenti di fine servizio liquidati in base all’art. 12, comma 10, del decreto legge n. 78/2010 (ora abrogato), per tutte le cessazioni dal servizio intervenute tra il 1° gennaio 2011 e il 30 ottobre 2012.
Inoltre, il richiamato art.1 ha disposto l’estinzione di diritto di tutti i processi pendenti e l’inefficacia di tutte le sentenze emesse (tranne quelle passate in giudicato) in materia di restituzione del contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,50% della retribuzione contributiva utile prevista dall’art. 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152 e dagli artt. 37 e 38 del d.P.R. 23 dicembre 1973, n. 1032.
In altri termini, l’abrogazione dell’art.12, comma 10, del decreto legge n. 78/2010 ha determinato il ripristino della normativa previgente in tema di calcolo dei trattamenti di fine servizio comunque denominati.
Per tali ragioni l’Inps ha recentemente ribadito la propria posizione in seguito ad istanze volte ad ottenere l’interruzione e la restituzione della trattenuta previdenziale obbligatoria nella misura del 2.50% della retribuzione contributiva utile ai fini del TFS, a seguito appunto della suddetta dichiarazione di illegittimità costituzionale.
Per i dipendenti in regime di TFS in servizio ovvero per quelli cessati, essendo state ripristinate le regole previgenti, il contributo previdenziale sulla retribuzione contributiva utile rimane comunque dovuto anche per il periodo successivo al 31 dicembre 2010.
Invece, per i dipendenti pubblici in regime di TFR non trovano applicazione né la sentenza della Corte Costituzionale n. 223/2012, né l’art. 1, commi 98-101, della legge 228/2012, in considerazione del fatto che costoro non sono mai stati riguardati dalla norma dichiarata illegittima. A tale personale si applica, invece, la disciplina sulle modalità di estensione, finanziamento ed erogazione del TFR contenuta nell’art. 26, comma 19, della legge n. 448/1998 e nel d.P.C.M. 20 dicembre 1999 e successive modifiche e integrazioni. A carico del personale cui spetta il TFR non può dunque più essere trattenuto il contributo previdenziale del 2,50% ma, per assicurare l’invarianza della retribuzione netta, il legislatore ha previsto la contestuale diminuzione della retribuzione lorda di tali dipendenti in misura pari a quella della quota di contributo a carico dell’iscritto cui spetti invece il trattamento di fine servizio. Ne consegue che una eventuale interruzione di tale diminuzione della retribuzione lorda costituirebbe violazione di precisi obblighi di legge.
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