Categorie: Didattica

L’insegnamento della storia resta subalterno

La storia è una delle materie più svilite nel panorama scolastico italiano. Anche nella recente revisione delle classi di concorso scuola è stata lasciata ai margini e relegata ad essere disciplina sussidiaria. È sempre aggregata a un’altra materia come italiano o filosofia, oppure ne è stato fatto un ibrido, quando nel biennio del liceo scientifico è stato varato l’insegnamento della geostoria. 

Ciò nonostante, si legge su Il Sussidiario.it,  è una delle discipline più diffuse, dato che compare in tutti i curricoli sia del primo che del secondo ciclo. Il ministero le ha solo cambiato numero, ora nei licei si chiama A19 “Filosofia e Storia”, oppure, anche qui con un numero differente rispetto al passato, in tutti gli altri indirizzi del secondo ciclo, viene indicata come A12, “Discipline letterarie negli istituti di istruzione secondaria di II grado”. Addirittura in questo caso scompare anche il termine “storia” e la materia viene annacquata nelle mare magnum delle discipline letterarie. Errore di prospettiva, o volontà di diluire la comprensione del tempo storico all’interno delle discipline umanistiche.

Nel frattempo i posti su tutto il territorio nazionale disponibili per l’insegnamento disciplinare delle materie letterarie alle scuole medie ammontano a 5.111 (italiano, storia e geografia, A22) e 3.006 nei tecnici delle superiori (A12), confluite nell’ambito disciplinare 4, mentre la classe A19 nel triennio dei licei, filosofia e storia, consta solo di 421 posti ed è inserita nell’ambito disciplinare 6. Davvero pochi rispetto ai circa 4.200 docenti di diritto inseriti dalla Buona Scuola negli organici del potenziamento derivanti dalle oramai antiche graduatorie ad esaurimento.

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La prova scritta consta di sei quesiti disciplinari in italiano e due in lingua, ma se nell’ambito 6 si fanno due prove scritte (prima filosofia e poi storia) nel 4 italiano, storia e geografia sono sullo stesso piano. In questo caso la disciplina storica viene annacquata con la letteratura e la geografia, mentre nell’altro caso non si passa all’orale se non si supera filosofia. 

Insomma, conclude Il Sussidiario, come è accaduto in passato, la storia subisce sempre una subalternità che ne svilisce la specificità. Una tendenza che poi continua nelle aule scolastiche, per cui un laureato in storia non può aspirare a una cattedra di liceo perché sempre associato alle competenze filosofiche o letterarie. Il riordino delle classi di concorso ha dunque mancato una vera occasione di dare dignità culturale a una scienza che nel panorama culturale ottiene ampio consenso dal vasto pubblico. Vedremo se, per la scuola italiana, persa l’ultima occasione, siamo alla “fine della storia”; in ogni caso, con queste premesse, possiamo scommettere che gli studenti continueranno a dormire sui banchi.

Pasquale Almirante

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