Non è detto che chi possiede un supercervellone abbia vita facile. Si crede che, con un po’ di intelligenza in più, si potrebbero fare grandi cose.
O almeno, riuscire a sistemarne alcune senza problemi, come il lavoro e i soldi. Ma non è così. L’intelligenza spesso è un peso, un boomerang, un ostacolo sociale e un problema psicologico. A tal proposito in un articolo pubblicato su Linkiesta si scrive: “La scuola è inutile:Lo pensano in tanti, ma per Chris è una verità. Lui ha lasciato la scuola 16 anni, perché non ne poteva più. Le lezioni erano inutili (capiva tutto in pochi minuti), i compagni gli sembravano noiosi (ci mettevano ore a capire quanto si diceva in classe) e anche l’ambiente era deprimente. L’unica cosa buona era che, essendo in sostanza un alieno, nessuno sapeva come classificarlo. E lo lasciavano in pace”.
E’ utile ricordare che ai bambini prodigio è dedicato, da tre anni, un progetto innovativo finanziato dalla Regione Veneto che si chiama “Education to Talent”, e ha lo scopo di costituire una rete di formazione e sostegno rivolta agli scolari individuati come dotati di talento, alle loro famiglie e agli insegnanti delle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado.Tra i partner del progetto ci sonol’Università di Padova, Fondazione Cpv (l’ente di formazione delle Camere di Commercio regionali), Ulss di Padova, associazione scientifica Gate (che ha appena celebrato il suo primo congresso internazionale sul tema “scuola e talenti”).
“Education to Talent” si ispira alla raccomandazione 1248 del Consiglio d’Europa (1994). È un documento che ha già vent’anni ma che rimarca alcune linee d’azione su cui oggi gli studiosi sono concordi: una legislazione che riconosca le differenze individuali, consentendo agli scolari di talento “di sviluppare pienamente le proprie possibilità.
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