È un fenomeno molto diffuso nel primo ciclo d’istruzione che va dalla scuola dell’infanzia fino alla scuola secondaria di I grado: si tratta di un senso di iperprotezione delle insegnanti nei riguardi degli alunni, cioè di un fortissimo senso materno che sembra quasi avulso dal ruolo di docenti.
Un eccessivo mammismo verso gli alunni che li ripara dai pericoli, dalle paure, dalle difficoltà, dalle incertezze non è da considerarsi un fattore molto positivo per lo sviluppo del bambino/ragazzo che negli anni crescerà pieno di insicurezze e timoroso di affrontare il mondo esterno. L’istinto materno è molto forte nelle donne ed è bene che sia così perché fa parte della natura umana: è veramente una cosa bella.
Bisogna, però, distinguere i due ruoli. Un conto è fare la mamma, un conto è fare le maestre e le professoresse. Gli alunni devono imparare a conoscere il mondo, a saperlo esplorare, ad apprendere quei compiti di realtà che lo proiettano nel mondo vero non in quello perennemente ovattato e protetto. Se a scuola l’alunno sbaglia e commette errori bisogna far capire loro dove ha sbagliato non proteggerlo, facendosi venire i sensi di colpa e di commiserazione.
Questo fenomeno si manifesta principalmente nel primo ciclo d’istruzione e le insegnanti si dimostrano molto tolleranti nei riguardi dei propri alunni dando loro la facoltà di far superare gli ostacoli e le difficoltà.
Per non parlare poi della benevolenza negli scrutini finali in cui prevale fortissimo il buonismo della scuola verso gli alunni, marcato dalla accondiscendenza delle insegnanti che tendono ad essere magnanime.
Lo comprendiamo: questo fa parte della natura stessa della donna/insegnante/mamma, l’unica in grado di capire i problemi adolescenziali degli alunni. Tuttavia, in questo modo, gli adolescenti non imparano mai e poi mai a camminare con le proprie gambe e avranno sempre bisogno di un sostegno morale, psicofisico e incoraggiante che gli permettono di superare le mille difficoltà che la vita pone ogni giorno davanti.
Non si dà la possibilità all’adolescente di diventare adulto, ma di restare un eterno bambino. Proiettato nel mondo e abituato ad essere continuamente protetto saprà affrontare la realtà complessa della società contemporanea veloce, frenetica, ipertecnologica?
Si pensa proprio di no e i dubbi sono abbastanza fondati. Non illudiamo gli alunni ad essere dei geni, ma valutiamo bene con occhio distante e giudizioso le loro reali capacità. Sicuramente cresceranno meglio e sapranno districarsi con più naturalezza nel variegato universo in cui vivono.
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