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L’Istat ci dice che siamo ancora un popolo poco istruito

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Durante la propria carriera formativa un italiano su due in età di lavoro, per esattezza il 47,2% della popolazione tra i 25 e i 64 anni, non è andato oltre il conseguimento della licenza media: ha conseguito come titolo di studio più elevato soltanto la licenza di scuola media inferiore. A sostenerlo, su dati ufficiali del 2008, è l’Istat attraverso il rapporto Noi Italia. Cento statistiche per capire il Paese in cui viviamo, all’interno del quale commenta l’ancora alta percentuale di titoli di basso livello sottolinenando che l’Italia si piazza “agli ultimi posti in Europa per livelli di istruzione della popolazione adulta”. Il nostro Paese rimane, non a caso, molto distante dalla media dei 27 Stati dell’Ue (28,5%) meritandosi la coda alla classifica, insieme a Spagna, Portogallo e Malta.
In futuro però l’Italia è destinata ad avvicinarsi al resto d’Europa: sempre nel 2008, infatti, il 76% dei giovani italiani in età 20-24 anni ha conseguito almeno il diploma superiore. Risulta poi in costante crescita anche il numero di iscritti all’Università: la loro consistenza è pari a circa il 41% dei giovani in età 19-25 anni.
Quello che deve far riflettere è, invece, la percentuale di alunni che abbandonano la scuola al primo anno gli studi superiori, quindi ancora in età di obbligo formativo: malgrado i progetti anti-dispersione e le leggi più ferree, con i servizi sociali impegnati in prima linea per riportare gli under 16 in classe, siamo ancora fermi ad uno scoraggiante 11,4% di alunni che abbandona la scuola attorno ai 14-15 anni. Un fenomeno che non sembra volersi ridimensionare (quant’é lontana Lisbona 2010!) soprattutto al sud.Il Mezzogiorno – sottolinea l’Istat – già nell’anno scolastico 2001/02 si caratterizza come l’area geografica in cui gli studenti abbandonano di più al primo anno delle superiori, questo profilo si conferma nel 2006/07, con oltre il 13 per cento di abbandoni. I tassi più elevati (superiori al 15 per cento) si registrano nelle isole”.
Rimane inoltre scoraggiante l’incidenza della spesa in istruzione e formazione sul Pil che si attua in Italia: nel 2007, rileva l’Istat, è stata ancora una volta modesta, “attorno al 4%”, contro una media europea, sempre a 27, che supera, seppur di poco, il 5%. Tra gli Stati membri – spiega l’Istat – che stanziano più risorse, in percentuale del Pil, per l’istruzione e la formazione vi sono alcuni paesi nordici: Danimarca (8,0 per cento), Svezia (6,9 per cento), Finlandia (6,1 per cento) e Cipro (7,0 per cento) superano di oltre un punto percentuale il valore medio europeo” . E con la politica in atto – basata su tagli, razionalizzazione e dimensionamento degli istituti – non saranno di certo i prossimi anni a migliorare la situazione.