Categorie: Attualità

L’istruzione ai tempi della guerra: come si va a scuola in Siria

Andare a scuola in certe zone del mondo è un’impresa. Nei giorni scorsi un ospedale gestito da Save the Children e da Syria Relief a Kafer Takhareem è stato bombardato.

Il gesto non ha avuto alcuna “matrice”. L’ospedale era la più grande struttura della zona, unica clinica ostetrica nel raggio di 110 chilometri. Ma non è di certo la prima volta che strutture sanitarie vengono prese di mira in Siria, anzi, insieme alle scuole sono gli obiettivi più sensibili e maggiormente colpiti per seminare terrore e sgomento tra i civili.

Da quando è scoppiata la guerra in Siria, nella primavera del 2011, le scuole siriane non sono più le stesse. Secondo i dati raccolti dall’Onu, ad oggi più di 2 milioni di bambini non hanno accesso all’istruzione e la maggior parte delle scuole sul territorio è stata bombardata o trasformata in basi militari.

Basti pensare alla scuola di un campo profughi a Wafedin, in provincia di Damasco, che nel 2012 è stata colpita da un ordigno esplosivo uccidendo 29 studenti e un insegnante o alle due scuole tra Aleppo e Idlib che nel febbraio del 2016 sono state rase al suolo.

Ormai metà della popolazione siriana ha dovuto abbandonare le proprie case e l’istruzione è logicamente passata in secondo piano: tutto quello che conta è tentare di sopravvivere.

E andare a scuola è diventato un rischio che la popolazione non può permettersi. Per gli insegnanti è una vera e propria impresa portare avanti il loro lavoro, ma molti non si arrendono: sono numerose le scuole improvvisate in luoghi nascosti.

Il fotoreportage di Khalil Ashawi per la Reuters ha voluto immortalare, oltre alle rovine degli edifici distrutti, anche questa realtà. In Siria ci sono scuole allestite sotto terra, all’interno delle cave, come quella nel villaggio di Tramia, o anche in un caravan mobile come succede a Saraqib.

Ma in pochi si fidano a mandare i propri figli a scuola. Così più della metà dei bambini siriani oggi non sa leggere né scrivere.

“Dall’inizio delle violenze in Siria le scuole sono state saccheggiate, devastate e bruciate. Questo è inaccettabile. Le scuole sono, e devono rimanere, zone di pace” ha detto a tal proposito Maria Calivis, direttrice UNICEF per il Medio Oriente, cercando di focalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla necessità di porre fine a violenze che distruggono le vite dei bambini sotto tutti gli aspetti. Le scuole, così come gli ospedali, sono punti sensibili di raduno, obiettivi facili da colpire e nei quali mietere un gran numero di vittime. Sempre secondo dei dati raccolti dall’Onu, solo nel 2014 in Siria sono state bombardate 50 scuole.

“I bambini vengono uccisi, feriti e resi disabili in modo permanente in quegli stessi luoghi in cui dovrebbero sentirsi protetti e al sicuro. I bombardamenti contro scuole e ospedali nel corso di un conflitto sono in allarmante e vergognoso aumento” ha dichiarato Afshan Khan, direttore dei programmi di Emergenza dell’UNICEF.

E ha aggiunto: “Gli attacchi diretti e intenzionali a queste strutture, ai medici e agli insegnanti sono crimini di guerra. I governi e tutti gli attori coinvolti devono assicurare la protezione di scuole e ospedali secondo le norme del diritto internazionale umanitario, e gli Stati devono assumere il proprio impegno sottoscrivendo la Dichiarazione sulle Scuole Sicure.”

Quest’ultimo è un documento che permette agli Stati firmatari di sostenere e tutelare la continuità dell’istruzione nei paesi in cui essa è messa a repentaglio dalla presenza di conflitti armati. Finora sono 37 gli Stati che hanno apposto la propria firma.

 

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Giulia Mirimich

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