Nel capitolo del Programma nazionale di riforma (PNR) dedicato all’impatto macroeconomico delle riforme strutturali, alla voce istruzione è previsto un +0,3% nel 2020 e +0,6% nel 2025. Con un balzo dell’1,2 % nel lungo periodo.
In altre parole, spiega Il Sole 24 Ore, il Governo non solo scommette sulla cosiddetta “buona scuola” per sedare gli antichi conflitti insiti nel nostro sistema, ma pensa di trarne benefici economici con l’aumento considerevole del prodotto interno lordo.
Le stime di crescita infatti sono desunti dagli interventi sulle principali novità introdotte dalla legge 107.
Fra queste l’obbligo dell’alternanza che sarà a regime non appena partirà la carta dei diritti e dei doveri degli studenti durante la formazione on the job che dovrebbe arrivare a giugno 2016. Un ulteriore passo avanti pere rendere più stringente il link tra istruzione e lavoro arriva dalle misure previste dal Jobs Act per rilanciare l’apprendistato di primo e terzo livello e ampliare l’offerta formativa. Italia Lavoro, con una procedura a evidenza pubblica sta completando la selezione di 300 centri di formazione professionale che realizzeranno la sperimentazione.
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Ma c’è pure il nuovo “Sistema di valutazione” che dovrebbe contribuire a stabilizzare le cose e quindi generare benefici, insieme al Piano scuola digitale per il quale sono state individuate risorse per 1.1 miliardi, di cui 650 milioni per infrastrutture, ambienti per l’apprendimento, dotazioni tecnologiche, digitalizzazione amministrativa e connettività e 400 per le competenze per il ventunesimo secolo, l’imprenditorialità e il rapporto tra competenze digitali e lavoro, la formazione del personale, le misure di accompagnamento e il monitoraggio. La prima attuazione dell’intera politica sarà completata entro dicembre 2016.
Il timing dell’attuazione
Cinque mesi prima (e cioè entro luglio 2016) è attesa invece l’emanazione dei nove decreti legislativi che attuano le altrettante deleghe contenute nella “Buona scuola”.