Se per un verso, spiegano gli autori del VA Ann Arbor Healthcare System e dell’Università del Michigan, il numero di anziani è in aumento, quindi i nuovi casi di demenza sono in aumento, si allunga di contro il tempo di vita senza malattia di coloro che poi la contraggono.
Panorama riporta l’inchiesta che pone l’istruzione come fattore importante per sconfiggere malattie degenerative come l’Alzheimer e infatti nota che gli autori sottolineano l’importanza di due fattori in particolare che sarebbero responsabili del calo del rischio registrato negli ultimi decenni: le persone fanno più anni di scuola, che aiuta il cervello a combattere la demenza, e c’è una maggiore consapevolezza e più attenzione alla prevenzione, dovute sempre ai livelli più alti di cultura tra le gente che si informa e cerca di capire come vivere meglio e più a lungo.
“I nostri risultati suggeriscono che, anche se non abbiamo una cura per l’Alzheimer e la demenza, ci sono fattori sociali e legati allo stile di vita ai quali possiamo rivolgere la nostra attenzione per diminuire il rischio”.
Ci sarebbero insomma prove consistenti che cambiamenti dello stile di vita hanno il potere di proteggerci dall’incubo delle malattie neurologiche degenerative, e in particolare l’Alzheimer. “Osserviamo un trend positivo che suggerisce che migliorare la nostra salute fisica e mentale va di pari passo con la lotta a questa malattia devastante”. E tra i fattori che possono contribuire a diminuire il rischio gli autori annoverano l’attività fisica, andare in pensione più tardi, avere genitori istruiti, specialmente la madre, mantenere relazioni sociali e curarsi in caso di depressione.
Constatato e certificato tutto questo, occorrerebbe pure che qualcuno informasse il Miur che informasse la ministra che informasse il presidente del Consiglio che informasse il Parlamento e che, dopo tutte queste informazioni, si tenesse la scuola nella giusta e doverosa considerazione anche perché ciò che si spende in istruzione si recupera in salute e in spese mediche.