Cavilletti ricambiò “la sviolinata dell’amico assessore”, definendolo “un ottimo portaborse… di studio”. Quindi passò a delineare il ruolo dell’avvocato, richiamando il “fondamentale principio di civiltà giuridica espresso da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi per bocca del Dottor Azzeccagarbugli: “A saper ben maneggiare le leggi, nessuno è reo, e nessuno è innocente”.
“Vale a dire – chiosò – che compito dell’avvocato è rigirare le leggi, le carte e le parole, in maniera tale da far risultare, secondo la parte recitata nel processo, innocente un colpevole da difendere, o colpevole un innocente da colpire, o viceversa. Giacché si sa che le leggi per gli estranei si applicano, ma per gli amici si interpretano. In più, è facoltà degli avvocati eletti in Parlamento prodigarsi per l’approvazione di normative utili ad aggiustare o allungare i processi dei loro clienti. E comunque, fatta la legge, spetta agli avvocati trovare l’inganno”.
“La stella polare dell’avvocato – proseguì – è il fondamentale principio del diritto mercantile per cui il cliente (che paga) ha sempre ragione. E poiché si dà il caso molto frequente che i clienti più danarosi siano quelli più disonesti, l’aspirante principe del foro che voglia fare i soldi deve orientarsi a stare preferibilmente dalla loro parte”.
“Del resto, come dicevano gli antichi, ‘pecunia non olet’, il denaro non puzza mai, quand’anche provenisse dalle mani sporche di un rapinatore assassino, al quale va giustamente garantito l’inviolabile diritto alla difesa… tanto più se a pagamento”.
“Inoltre, la Costituzione italiana ci insegna che nessun imputato può essere considerato colpevole fino alla condanna definitiva: neppure se reo confesso o colto con le mani nel sacco. E grazie a questa norma garantista, che fa dell’Italia la patria del diritto e… del rovescio, i difensori hanno la possibilità di risolvere a vantaggio degli imputati anche le cause più disperate, mandandole per le lunghe fino ad ottenere prima l’eventuale scarcerazione per decorrenza dei termini e poi il proscioglimento per decadenza dell’azione penale”.
“Qualora, tuttavia, si arrivasse alle soglie della sentenza definitiva dopo molti anni, la difesa dell’imputato potrebbe far valere l’argomentazione che non è umano punire, a distanza di tanto tempo, un uomo che ormai non è più lo stesso”.
“C’è poi un’altra scappatoia che l’avvocato può suggerire all’imputato danaroso: farsi eleggere membro del Parlamento comprando sottobanco la candidatura in un buon collegio elettorale. Infatti, se il popolo sovrano sceglie come suo rappresentante un personaggio inquisito, implicitamente ne ripulisce la fedina penale, e la magistratura non può più condannarlo in nome del popolo italiano per fatti antecedenti l’elezione. Almeno così sostengono alcuni leader politici in conflitto d’interessi con la giustizia”.
DOMANDE DEGLI STUDENTI
– Ma il programma elettorale della coalizione di governo non garantiva più sicurezza ai cittadini italiani?
“Certamente: la sicurezza di non andare incontro a condanne penali definitive, se ci si affida ad un buon avvocato”.
– E se un cittadino, magari esperto di diritto, volesse difendersi da solo in un processo penale, potrebbe farlo?
“Assolutamente no, la legge lo obbliga a servirsi di un difensore di professione. Dura lex sed lex! Anche se devo ammettere che si tratta di una legge caldeggiata dalla lobby degli avvocati a cui mi onoro di appartenere e che, modestamente, è la più influente del parlamento italiano”.
– Di quella lobby fanno parte anche gli avvocati del diavolo?
“Per carità! – ridacchiò l’onorevole Cavilletti – I cosiddetti avvocati del diavolo sono degli ecclesiastici che lavorano per la giustizia divina, promovendo il contraddittorio nelle cause di santità della Chiesa cattolica. Noi avvocati laici, invece, lavoriamo per la giustizia umana, che in un’ottica professionale tendiamo, generalmente, a identificare con l’interesse del cliente… anche se questo talvolta è un diavolo e talaltra un povero diavolo”.