Secondo i parametri DESI (Digital Economy and Society Index) della UE , siamo arretrati in quasi tutto ciò che riguarda il digitale e in modo particolare nei cosiddetti skill. Ma non solo, di anno in anno stiamo arretrando nelle posizioni di confronto con altri paesi UE. Nel 2015 eravamo quintultimi, nel 2016 siamo quartultimi.
Le cause ? Innanzitutto la bassa spesa per l’educazione, in generale. Secondo Eurostat , l’Italia è il fanalino di coda in Europa per percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura (1,1% a fronte del 2,2% dell’Ue a 27) e, come se non bastasse, al penultimo posto, seguita solo dalla Grecia, per percentuale di spesa in istruzione (l’8,5% a fronte del 10,9% dell’Ue a 27). Analizzando la percentuale rispetto al Pil, l’Istat poi sottolinea che la spesa per l’ istruzione è diminuita, passando dal 4,4% del 2014 al 4,2% nel 2015 mentre quella per la cultura si è quasi dimezzata passando dallo 0,8% allo 0,5%.
L’Italia inoltre sforna meno laureati di tutte le nazioni europee: Eurostat sottolinea che a fronte di una media europea del 36,8% la quota di popolazione tra i 30 e i 34 anni in possesso di un diploma di alta formazione arriva appena al 22,4 per cento.
Molto alta, poi, la percentuale di abbandoni. Dai dati disponibili nel rapporto OECD Education at a Glance in Italia soltanto il 32,8% degli studenti porta a termine un corso di laurea a fronte di una media OECD pari al 38%.
Si potrebbe dire che le nostre università, però, hanno tasse universitarie basse ? No; secondo “Eurydice”, in Europa, le tasse universitarie più alte si pagano nel Regno Unito; dopodiché, le tasse italiane e quelle spagnole si contendono il secondo posto: tutte le altre nazioni europee godono di tasse universitarie più basse.
Allo stesso tempo, le università italiane attirano pochi studenti stranieri.
Diversi indicatori suggeriscono pertanto che una delle principali cause sia collegata alla bassa qualità dell’insegnamento. Secondo OECD ( Organisation for Economic Co-operation and Development – una organizzazione con 34 paesi membri), spesso, in Italia, i titoli di studio non coincidono con l’acquisizione di competenze solide; sollevando interrogativi circa la qualità dell’apprendimento nelle istituzioni dell’istruzione terziaria. Molti laureati hanno difficoltà nell’integrare, interpretare o sintetizzare le informazioni contenute in testi complessi o lunghi, nonché nel valutare la fondatezza di affermazioni o argomentazioni a partire da indizi sottili.
Dove è finita la “Cultura” italiana. Non solo quella digitale; ma la Cultura vera e propria.