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L’Italia non sostiene la ricerca

Far salire l’investimento in ricerca fino all’1,53% del Pil, aumentare al 26% la percentuale di laureati tra i 30 e i 34 anni, ridurre sotto il 16% la quota di studenti che abbandonano le superiori prima di aver completato gli studi. Sono gli obiettivi fissati nel 2010 dal Consiglio europeo per l’Italia, traguardi che devono essere raggiunti entro il 2020. Ma se sugli ultimi due il target è praticamente raggiunto, è sul primo che rimane ancora molto da lavorare.

Wired.it cita la pubblicazione di Eurostat, il cui rapporto fa il punto anche sull’incremento del livello di istruzione della popolazione e di investimento nella ricerca.

Sul primo fronte, sono due gli indicatori. Il primo riguarda la percentuale di persone tra i 18 e i 24 anni che hanno abbandonato gli studi senza terminare le scuole superiori.

 

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Il Consiglio europeo ha preso il 2008 come periodo di riferimento (evidenziato in arancione nei grafici che seguono): in quell’anno poco meno di uno studente su cinque lasciava le superiori senza aver conseguito il relativo titolo di studio.

La richiesta è quella di ridurre questa percentuale al 16% entro il 2020. E, sotto questo profilo, l’Italia viene promossa: già nel 2014 la quota si era ridotta al 15%, per poi scendere ancora al 14,7% l’anno successivo. Insomma, obiettivo raggiunto e superato. Se poi la tendenza, nel 1993 era il 37,5% degli iscritti a terminare anzitempo gli studi, sarà confermata il risultato finale sarà ben al di sopra delle aspettative europee.

Altra questione, l’aumento del numero dei laureati. La richiesta specifica è quella di far salire la quota di popolazione laureata nell’età compresa tra i 30 ed i 34 anni oltre il 26%. In questo caso il traguardo non è ancora raggiunto, ma manca davvero poco: nel 2015 il 25,3% delle persone tra i 30 ed i 34 anni aveva conseguito una laurea.

La note dolente riguarda insomma l’investimento in ricerca. L’Europa chiede all’Italia di portare l’investimento in questo settore all’1,53% del prodotto interno lordo entro il 2020. Nel 2008, anno di riferimento per gli obiettivi fissati dall’Ue, la quota destinata all’R&D era pari all’1,16% del Pil. Nel 2014 siamo arrivati all’1,29%, risultato che segna però un passo indietro rispetto all’1,31 dell’anno precedente.

In definitiva, gli italiani si sono rimboccati le maniche e hanno cominciato a studiare, conseguendo diplomi e lauree. 

Pasquale Almirante

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