I dati parlano chiaro: nella speciale classifica sull’educazione finanziaria redatta dalla Banca mondiale nel 2016, noi italiani siamo tra gli ultimi nel mondo.
Solo il 37% di noi conosce i concetti finanziari di base: un dato che ci pone al terzultimo posto nella classifica dei Paesi europei. Peggio di noi solo la Romania e il Portogallo.
Il campione intervistato nel mondo, composto da 150.000 adulti di 148 Stati, doveva essere in grado di decifrare termini essenziali del linguaggio finanziario, come inflazione, diversificazione del rischio o interessi composti.
Si trattava di rispondere non su temi di alta finanza, ma su alcune competenze di base necessarie alla vita di tutti i giorni.
A livello mondiale la media della popolazione con una conoscenza finanziaria discreta è appena del 33%.
Il confronto è impietoso con i primi in classifica che sono i Paesi del Nord Europa (con un livello di conoscenza intorno al 71%), seguiti da Israele, Canada e Regno Unito.
Meglio di noi, a sorpresa, nazioni come il Senegal, Togo e Zambia.
Elemento che sembra influenzare la comprensione dei concetti finanziari sembra l’esperienza diretta vissuta. Non sarà un caso se in Argentina ad ignorare il significato di inflazione sono pochi (più del 65% della popolazione ne è perfettamente a conoscenza).
Pare se la cavino meglio con i termini finanziari chi possiede maggiori risorse finanziarie e naturalmente chi ha acquisito un più alto livello di scolarizzazione.
La percentuale di conoscenza finanziaria precipita invece per la classe di età superiore ai 65 anni, ponendo questa fascia di popolazione ai maggiori rischi finanziari.
Le persone prive dei più elementari concetti finanziari di base risultano incapaci di gestire le proprie finanze e rischiano di accumulare prestiti poco convenienti o investimenti sbagliati.
Per questi motivi, sarebbe necessario introdurre nelle scuole lo studio dell’educazione finanziaria, per rendere i cittadini consapevoli in un mondo sempre più complesso e difficile da comprendere.
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