Alla luce delle recenti sentenze, ho ritenuto opportuno interrogare nuovamente i ministri coinvolti. Ad una risposta non possono esimersi.
Al Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell’istruzione, dell’università e della Ricerca – Per sapere – premesso che:
il comma 1 dell’articolo 1 del D.P.R. 351/98 vincola la cessazione dal servizio nel comparto Scuola “all’inizio dell’anno scolastico o accademico successivo alla data in cui la domanda è stata presentata”; pertanto in detto comparto, al fine di garantire la continuità didattica, la finestra di uscita è costituita da un solo giorno (il 1°settembre) per ogni anno;
in virtù di tale disposizione – che non ha subito modifiche, nonostante i reiterati interventi in materia previdenziale approvati negli ultimi anni – il personale di detto comparto ha iniziato l’anno scolastico 2011/2012 con il vincolo di concluderlo e, a differenza di tutti gli altri lavoratori, di non poter cessare dal servizio prima del 1 settembre 2012, indipendentemente dalle modifiche intervenute in materia di trattamenti pensionistici;
all’avvio dell’anno scolastico 2011/2012 (1° settembre 2011) era vigente il sistema delle cosiddette quote, risultanti dalla somma dell’età anagrafica e dell’anzianità contributiva, ai sensi della legge 23 agosto 2004, n. 243, così come modificata dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247, e l’eventuale pensione anticipata in base al requisito di anzianità contributiva;
in virtù di tale normativa, docenti e personale ausiliario tecnico-amministrativo, già nei mesi di ottobre e novembre 2011, hanno presentato domanda di collocamento a riposo e di dimissioni ai sensi del richiamato regolamento, finalizzata al trattamento di quiescenza ai sensi della legge n. 247 del 2007;
il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, non differenzia in alcun modo la normativa previdenziale relativa al comparto scuola rispetto a quella degli altri settori pubblici e privati, non tenendo in alcun conto il fatto che i lavoratori della scuola possono andare in pensione un solo giorno all’anno, il 1 settembre, indipendentemente dalla data di maturazione dei requisiti, per le giuste esigenze di funzionalità e di continuità didattica;
di tale specificità, invece, si è tenuto sempre conto in tutte le normative in materia pensionistica antecedenti la cosiddetta “riforma Fornero”. Il ‘Comparto Scuola’, in virtù della specificità espressa anche nel richiamato D.P.R. 351/98, ha sempre goduto di apposita normativa in ordine al trattamento pensionistico: in particolare, si ricordano l’articolo 59, comma 9, della legge 449/1997; l’articolo 1 ,comma 2, lettera a) e comma 5 lettera d) della Legge 247/2007; l’articolo 12, comma 1 lettera c) e comma 2 lettera c) della legge 122/2010; nonché l’articolo 1, comma 21, della Legge 148/2011;
rilevato che,
sono circa tremila i dipendenti della scuola che, nonostante abbiano maturato il diritto alla pensione secondo le regole previgenti alla Riforma, inizieranno l’ormai imminente anno scolastico;
un numero rilevante di docenti e personale ATA interessati dal provvedimento ha adito le vie legali, ottenendo pronunciamenti favorevoli da parte di alcuni Giudici del Lavoro italiani, come quelli preposti ai Tribunali di Oristano, di Torino, di Venezia e Siena, che hanno accertato il diritto dei ricorrenti ad essere collocati in quiescenza dal 31 agosto 2012 con trattamento pensionistico dal 1 settembre 2012. Sottolineando tra l’altro, in particolare con all’ordinanza resa dal Tribunale di Venezia, l’evidente discordanza tra le norme speciali della scuola, quali il DPR 351/98 e la circolare della Funzione Pubblica (n. 2 del 8 marzo 2012), e quelle della riforma Fornero;
L’Ordinanza di Venezia nelle proprie argomentazioni mette in rilievo i contenuti della circolare della Funzione Pubblica (n. 2 del 8 marzo 2012) con i quali si afferma espressamente che: (…) rispetto al comparto scuola, rimanga ferma la vigenza degli specifici termini di cessazione dal servizio stabiliti in relazione all’inizio dell’anno scolastico per le esigenze di servizio e per tali motivi, ad avviso del giudicante, la legge di riforma pare occuparsi esclusivamente dei requisiti per la maturazione del diritto al trattamento pensionistico e per questo, a conclusione, tutto il resto, afferente ad altri aspetti come ad es. il termine, rimane regolato dalla vecchia normativa (…);
Lo stesso giudice opera poi una basilare distinzione tra il momento di “maturazione” del diritto dei ricorrenti, momento che coincide con il 1 settembre 2011, ossia con l’inizio dell’anno scolastico 2011-2012, e momento di “decorrenza” dello stesso diritto, che coincide invece con il 31 agosto 2012, fine dell’anno scolastico, e dice che i ricorrenti avevano maturato un “diritto acquisito e non ancora esercitato”;
inoltre, il Giudice del lavoro di Siena ha accolto la questione di legittimità costituzionale dell’art. 24 del decreto-legge 201/2011 sollevata dalla Segreteria Nazionale della CISL SCUOLA, perché configgente con gli artt. 2 e 38, 3, 97, 11 e 117 della Cost. e con l’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la Salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali, rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale;
Considerato che,
nel corso della discussione sul decreto di proroga termini, è stato accolto dal Governo un ordine del giorno a prima firma dell’interrogante (n. 9/4865-AR/79) che impegna il Governo ad adottare al più presto misure volte a differire al 31 agosto 2012 il termine previsto dalla riforma Fornero per la maturazione dei requisiti con la normativa previgente;
in fase di discussione del Dl n. 95 (noto come Spending review) si è avanzata in entrambi i rami del Parlamento l’opportunità di intervenire al fine di differire al 31 agosto 2012 il termine previsto dalla riforma Fornero che si è però risolta, con l’approvazione del comma 20 bis dell’articolo 14, riconoscendo tale requisito esclusivamente ai docenti in esubero;
un intervento volto a garantire il rispetto della specificità della condizione del personale della scuola e conseguentemente l’equità di trattamento tra tutti i lavoratori in relazione ai requisiti per il pensionamento, consentirebbe anche di incrementare le immissioni di docenti giovani all’interno della scuola, riducendo il precariato e contrastando un’anomalia propria dell’Italia, che risulta essere il Paese dell’Unione europea con la percentuale più alta di insegnanti ultra cinquantenni e quella più bassa di insegnanti al di sotto dei 30 anni;
la “finestra speciale” di cui hanno sempre beneficiato i lavoratori della scuola era comunque legata alla salvaguardia della qualità e continuità del servizio scolastico e per questo non un privilegio di pochi ma un esigenza legata ad un bene comune: l’istruzione dei nostri alunni :-
Se i ministri interrogati non ritengano necessario attivarsi con la massima sollecitudine, anche in virtù dei pronunciamenti da parte di alcuni Giudici del Lavoro italiani, al fine di eliminare tale evidente e iniqua disparità di trattamento riservata ingiustamente ai lavoratori della scuola che inoltre penalizza la qualità scolastica e non garantisce una continuità didattica.
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