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L’onda anomala

Lo scenario che si sta delineando a proposito della riforma dei cicli è per diversi aspetti preoccupante, ma l’aspetto più delicato mi pare quello relativo alle modalità di soluzione prospettate per il problema della cosiddetta "onda anomala".
Con questo termine suggestivo ci si riferisce – anche nei documenti ufficiali del Governo e del Parlamento – al fatto che, ridotto di un anno il tempo scuola complessivo, confluiranno, a un certo punto del cammino, due leve di alunni nello stesso anno scolastico; la soluzione ipotizzata per affrontare questo difficile nodo è apparentemente semplice: sarà sufficiente – si legge nella risoluzione votata un paio di mesi addietro dal Parlamento – "ridurre l’impatto che tale onda avrebbe sulle istituzioni scolastiche "frantumando" la cosiddetta onda anomala".
Ora, fra le proposte concrete ne sta emergendo una che farà discutere molto e che – a mio modo di vedere – potrebbe rallentare non poco il processo di miglioramento della qualità del servizio scolastico.
L’idea è questa: fra un paio d’anni le scuole potranno (o dovranno, questo non è ancora molto chiaro) far "saltare un anno" ad una certa quota di studenti in modo da evitare che i 500mila alunni che in media terminano annualmente l’attuale scuola media si riversino tutti insieme sul primo anno di superiore incontrandosi ad un certo punto con gli altri 500mila provenienti dalla nuova scuola di base che durerà 7 anni anziché 8 anni.
In altre parole: chi attualmente frequenta la scuola di base (elementare + media inferiore, di 8 anni complessivi) potrebbe concludere il ciclo un anno prima.
Si parla di quote annue del 25 per cento di studenti che potranno "saltare un anno" in punti ben precisi del percorso (per esempio dal terzo anno al quinto, oppure dal penultimo al primo di scuola superiore, ecc…).
Ma gli interrogativi – a questo punto – sono davvero tanti: chi e come deciderà  su quali alunni – nel concreto – potranno "saltare l’anno"? La risposta più ovvia sembra quella di affidare ai consigli di classe tale funzione; ma se il passaggio dovesse avvenire tenendo anche conto delle eventuali richieste della famiglie, la questione si complicherebbe enormemente:  come comportarsi, per esempio, di fronte ad assemblee di classe di genitori che chiederanno un "salto" generalizzato per consentire a tutti gli alunni di mantenere l’unità del gruppo-classe e la continuità rispetto al team docente?
Ci saranno consigli di classe che se la sentiranno di "bocciare" una parte consistente della classe impedendo al 75 per cento degli alunni di "saltare" l’anno?
E non ci saranno anche interessi contrastanti in gioco, legati per esempio al numero di classi funzionanti?
Nel caso in cui si dovesse decidere che intere classi saltino l’anno c’è poi il rischio (ma vorrei dire la quasi certezza) che le conseguenze ricadano proprio sugli alunni più deboli ai quali un anno in meno di scuola di base non potrà sicuramente arrecare benefici.
Si prospetta forse una riforma che – soprattutto nella scuola di base – potrebbe addirittura affievolire nei fatti il diritto all’istruzione di chi per varie ragioni avrebbe bisogno invece di più scuola?
Se sarà così si tratterà di una pessima riforma e – soprattutto nella scuola di base – non sarà facile trovare il consenso dei docenti per "frantumare l’onda anomala".

Reginaldo Palermo

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