Lo ha fatto rilevare Massimo Gramellini, su La Stampa, riportando un passo del testo ufficiale della ministra dell’istruzione, Stefania Giannini, presentato a Bruxelles dopo i fatti di Parigi.
“È necessario creare all’interno dei programmi e dei curricoli un’ora di “otium”, di pensiero dedicata al dialogo e alla sociabilità civile; non un insegnamento trasmissivo e prescrittivo di valori astratti, ma un’ora di libertà europea dell’ascolto e della cittadinanza che dalla discussione delle convinzioni trovi le ragioni di un dialogo”.
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Se per un verso “otium” potrebbe non significare affatto “poltrire e oziare”, così come oggi si intende “l’ozio”, bensì “riflessione” e “stare bene”, in opposizione a “negotium” che è occupazione e lavoro nella lingua latina, dall’altro la ministra precisa che vuole gli studenti concentrati sulla “sociabilità”, parola il cui esatto significato appare oscuro, così come anche Gramellini sottolinea.
Con ogni probabilità, tuttavia, la ministra vorrebbe che venisse dedicata un’ora di lezione, presumiamo a settimana, tra il dolce far nulla e la riflessione filosofica attorno ai grandi misteri della vita; un’ora di “sociabilità”, come lei la chiama, per socializzare e per scoprire l’insieme degli elementi, dei gruppi e delle loro relazioni all’interno del consorzio umano e pure tra le dialettiche e tra le dispute disputate fa pensatori.
Sicuramente sarebbe bello per tutti e per gli alunni in modo particolare, che avrebbero un’ora di relax a settimana, di usufruire di “otium disquisitorio” per socializzare la sociabilità, mentre ancora una volta si dimostra che la scuola viene presa di mira, affibbiandole un altro incarico e sempre a costo zero. Infatti, oltre alle varie “educazioni” di cui si occupa la scuola, la ministra pare pensare anche all’educazione “all’Otium” che però, se presa alla lettera e le inclinazioni dei ragazzi, rischia di prefigurarsi come un’ora di felice “ne-gotium” in attesa che suoni la campana o cambi l’insegnante.