L’8 marzo ormai è un rito, una ricorrenza che si festeggia in tutto il mondo anche se sono in tante a dissociarsi. Ma è anche un 8 marzo che coinvolge, come ogni anno del resto, la scuola la quale, oltre ad educare alla parità, e non solo, di genere, vede al suo interno una maggioranza di insegnanti donne, ma anche di dirigenti e personale, le quali, giorno dopo giorno, affrontano con professionalità il loro compito delicato perché riguarda il futuro culturale e di progresso della Nazione.
Per questo vogliamo augurare, a tutte le donne che lavorano a scuola e in qualunque ambito, un buon 8 marzo, affinché sia una ulteriore tappa verso l’effettiva parità di cui purtroppo talvolta si dimentica l’importanza.
Quello di quest’anno è stato anche un 8 marzo di lotta per reclamare diritti, “uno sciopero generale femminista” che ha visto tante piazze italiane, ma anche in altri 60 Paesi, colorarsi di rosa.
Il grido delle donne che hanno manifestato e scioperato è stato corale, volto a far sentire il peso di una giornata senza di loro. Ed è stato pure sciopero in tutto il mondo, secondo quanto hanno spiegato le attiviste di “Non una di Meno” che oggi a Roma hanno promosso molti appuntamenti.
Tuttavia, nonostante questa data ormai sia celebrata in tutto il pianeta e nonostante le organizzazioni femministe stiano spingendo per un riconoscimento effettivamente paritario fra generi, alla viglia dell’8 marzo ci sono stati due femminicidi nell’arco di poche ore e uno stupro a Napoli, tanto che il vice-premier Luigi Di Maio ha annunciato un inasprimento delle pene “per ogni forma di violenza contro le donne”.
È tuttavia vero che la violenza in tutte le sue forme non riguarda il genere ma le persone, ma è pure innegabile che le donne pagano un prezzo più alto. E questo dato purtroppo non riguarda l’aspetto tanto vituperato dell’ideologia, ma l’oggettiva realtà, senza dimenticare, racconta una scrittrice, “che la calunnia sessista è norma anche ai nostri giorni. Se una donna sbaglia, a prescindere da tutto quello che le sta intorno, prima di tutto è “buttana”, poi c’è il resto. E se non lo è di fatto, “buttana” lo è di testa. Questa realtà è incontrovertibile. Una donna che fa certe scelte, paga. La libertà costa coraggio, un coraggio fatto di giorni normali, di piccoli dettagli, di luci e ombre e di momenti opachi in cui la luce sembra concentrarsi in un puntino fino a finire inghiottita dentro un pozzo scuro. Per non parlare del senso di inadeguatezza che una donna si porta sempre dietro e della paura di non essere legittimata”.
Ma non è solo questo il problema che le donne, ma è forse meglio dire la società nel suo complesso, devono affrontare se si considera che quelle con un impiego pagato sono il 45,3% della popolazione femminile totale; gli uomini il 66,5%. La differenza tra queste due percentuali non è uguale al 26% richiamato prima perché, nel mondo, le persone di sesso femminile sono più dei maschi.
E in Italia fra l’altro meno di una donna su due lavora con un tasso del 48,9% sul totale della popolazione femminile tra i 15 e i 64 anni; come al solito in tutta l’Unione europea soltanto la Grecia fa peggio del nostro Paese. Lo certifica l’Eurostat che rivela anche che dieci anni prima, nel 2008, erano il 47,2%. La media, nei 28 Paesi Ue, è del 62,5%. Nemmeno il dato sugli uomini, in verità, lascia ottimisti (67,1%) ma è più vicino alla media del 73%.
Sicuramente occorre pure precisare i grandi progressi che nel corso degli anni la lotta delle donne ha conseguito, mentre ci viene in mente il coraggio di una ragazza siciliana, Franca Viola che, rapita per costringerla al matrimonio riparatore appena 50 anni fa, preferì lo scherno della mentalità del tempo alla sua libertà di scelta. E Franca qualche tempo fa ha detto: «Non fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi ragazza: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile. Io l’ho fatto in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori».
Ecco, forse oggi tutti dovremmo dare ascolto al cuore e col cuore in mano vogliamo pure augurare a tutte le donne, e a tutti gli uomini, in occasione dell’8 marzo, un futuro di progresso e di parità, non solo fra generi, ma anche di giustizia sociale, quella che coinvolge tutti e alla quale tutte le persone libere tendono.
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