In alcune proposte sulla scuola, della Gilda e di alcuni partiti, fa capolino l’idea del preside elettivo.
Innanzitutto questa proposta configge con l’operazione di dimensionamento delle scuole che ha attribuito più scuole ai dirigenti scolastici, considerandoli dei meri amministratori e non dei leader educativi.
Quindi, per prima cosa, andrebbe abolita la famigerata legge 111/2011: e se facesse questo il prossimo governo, farebbe opera meritoria.
Si presume che i presidi, essendo eletti tra i docenti (non si capisce se continueranno a fare i docenti e, poi, faranno contemporaneamente i presidi, come avviene in Inghilterra), saranno pagati di meno rispetto all’attuale dirigenza e, di conseguenza, si potrà attribuire a ogni scuola il suo preside eletto.
Ma c’è bisogno di una figura super partes che abbia l’autorevolezza di sanzionare, se occorre, i comportamenti scorretti degli insegnanti e del personale Ata.
Se il preside diventa prius inter pares, come nella proposta Gilda, egli dovrà per forza di cose venire a patti con i suoi elettori e dovrà fare compromessi, chiudendo qualche occhio, pena altrimenti la sua ineleggibilità l’anno successivo.
Ma c’è ,secondo me, un fraintendimento ideologico. Spesso si ritiene da parte di chi critica la scuola considerata come azienda, che la figura del dirigente scolastico scaturisca da questa visione. Invece essa scaturisce dall’introduzione dell’autonomia delle scuole nel 2000. È dalla legge 59/1997 e dal D.P.R. n. 275 del 1999 che regolamenta l’attuazione dell’autonomia didattica e organizzativa delle scuole ,che sarà attuata dall’anno scolastico 2000/2001, che deriva, poi, la legge 165 del 2001 che istituisce la dirigenza scolastica e i concorsi nazionali-regionali.
Se il Ministero, in questi anni non ha saputo gestire i concorsi per i dirigenti,perché ci sono stati numerosi ricorsi (e neanche quelli per gli insegnanti,a dire il vero), ciò non significa che occorre buttare il bambino insieme all’acqua sporca: cioè si aboliscono i concorsi e si elegge il preside nel collegio dei docenti. Si devono semplicemente organizzare meglio i concorsi.
Poi c’è chi auspica all’incontrario un dirigente scolastico che sia un puro amministratore e quindi intercambiabile con altre amministrazioni pubbliche (come nella proposta dell’Anp). Il dirigente scolastico deve essere. secondo me, come funzione imprescindibile, un leader prima di tutto educativo e, pertanto, deve essere selezionato,con un concorso, tra i docenti.
La visione aziendalistica della scuola vede invece nella figura del dirigente scolastico soprattutto un manager, un datore di lavoro e come tale dovrebbe poter scegliere con chiamata diretta gli insegnanti della sua scuola, come fa la scuola privata.
Questa visione contrasta con il dettato della Costituzione che prevede che ci sia per il reclutamento nella Pubblica Amministrazione un concorso pubblico. Altre proposte cercano di aggirare l’eventuale anticostituzionalità con concorsi (sempre Anp) a livello di scuola o di reti di scuola, con il rischio di creare un fitto clientelismo locale.
Quindi, concludendo, l’opposizione alla visione aziendalistica della scuola, non c’entra niente con il ruolo del Dirigente Scolastico che è legato all’attuazione dell’autonomia.