Riparte con la didattica a distanza la polemica e con essa pure l’interferenza politica, con la consueta interpellanza, e con essi uniti la controversia e con tutti questi in coro la confusione: come interrogare dietro lo schermo di un computer, avendo la certezza “matematica” che il voto sia tutto merito della preparazione dell’alunno?
E allora c’è il prof che in quei frangenti pretende lo sguardo fisso sulla telecamera del pc, senza strabismi, sperando però, o facendo finta di ignorare, che se la webcam inquadra il volto è possibile tuttavia che sullo schermo dell’alunno ci siano le risposte già apparecchiate; e c’è chi invece, per togliersi ogni dubbio, impone la benda, come coi condannati prima della fucilazione.
Una docente di latino e greco, di un liceo di Scafati (NA), ha preferito adottare questa seconda soluzione: una benda e chi non si è visto non si è visto, ma si sentono le domande e pure le risposte.
Senonché la scelta didattica della docente non è piaciuta al presidente di un movimento civico legato alla politica che immediatamente ha pubblicato la foto su Facebook accompagnata da un commento: “La protagonista una liceale di Scafati, che sta affrontando un’interrogazione in Dad bendata e con mascherina. Manca solo che qualcuno le versi acqua sulla mascherina e siamo a Guantánamo. Spero che il dirigente del Liceo in questione intervenga per mettere fine a tali azioni vergognose e lesive per il benessere psicofisico di minori”.
Se per un verso il paragone a Guantanámo appare esagerato, anche troppo, riusciamo a pensare che la prof abbia avuto le sue ragioni per pretendere la benda, in un momento in cui sbanda persino la ministra e persino un governo intero, mentre c’è bisogno di chiarezza, compresa l’affermazione, seppure in call e seppure per via informatica, della libertà del docente di adottare i metodi didattici più coerenti e funzionali con la sua funzione e con la sua classe.
È legittimo in altri termini condizionare l’operato dei prof, inibirlo nella sua funzione perché con la dad spiegazioni, interrogazioni e quello che viene chiamato dialogo educativo diventano pubblici? Domanda che si impone a prescindere dal caso specifico.
“Si trattava di un esempio per dimostrare ai ragazzi che non hanno bisogno di sbirciare” ha detto invece all’Ansa il dirigente scolastico che ha già parlato dell’accaduto con la docente; il fatto, riferisce il preside, ha coinvolto due studentesse.
“Io stasera presento un’interrogazione, non urgente, urgentissima alla ministra Azzolina. Vediamo se dobbiamo mettere le bende ai nostri figli. Come se non bastasse averli già privati della socialità, degli occhi, delle voci che si incontrano”: questo lo scrive invece Davide Faraone, già sottosegretario all’istruzione, sulla sua pagina Fb.
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