La bicicletta è più antica di quel che non si creda perché già nel Settecento fu inventato il celerifero, che pur senza pedali, freni e sterzo ebbe il merito di mostrare al mondo che un essere umano poteva mantenere l’equilibrio anche su due ruote.
Nel corso dell’Ottocento nacque poi il biciclo, un celerifero con i pedali collegati direttamente a una ruota anteriore di dimensioni notevoli, anche un metro e mezzo, cosa che relegò questo mezzo a un numero ristretto di coraggiosi equilibristi che rischiavano rovinose cadute.
Fu l’idea di inserire una trasmissione a catena collegata ai pedali nel 1884 e poi, quattro anni più tardi, l’introduzione dei pneumatici ad aria da parte di Dunlop, che diedero vita a una vera e propria rivoluzione. La bicicletta conquistò le strade e il cuore di tutto il mondo.
L’innato bisogno di superare ogni limite scatenò imprese davvero ragguardevoli per l’epoca. Basti pensare che già nel 1897 un americano armato di coppola e baffetti era riuscito a percorrere in pista poco più di 40 km in un’ora. E negli stessi anni c’era chi, sempre in pista, era aveva totalizzato 859 km in 24 ore.
Nel 1903 prese il via il Tour de France, seguito solo sei anni dopo dal primo Giro d’Italia che vide la partenza di 127 concorrenti (e l’arrivo di soli 49), per otto tappe con partenza da Milano e arrivo nella stessa Milano dopo 2448 km di strade quasi completamente sterrate. La prima tappa, una comodissima Milano-Bologna, contava 397 km e fu vinta in 14 ore e 6 minuti dal 22enne Dario Beni, giovane ciclista romano, il quale pur di poter partecipare al giro si era recato a Milano da Roma, qualche giorno prima della partenza, ovviamente in bicicletta.
Ma non vi era solo sport; già a fine Ottocento le qualità del nuovo mezzo lo rendevano ideale per scopi assai diversi: c’era addirittura chi ne auspicava un largo utilizzo militare per esplorare e mappare rapidamente territori, per trasportare armi o addirittura per sostituire la cavalleria. Il tenente colonnello Sabino Stella raccontava nel 1896, come fosse già stato possibile montare una mitragliatrice su una bici o addirittura, unendone due, un cannone! Allo stesso tempo però si preoccupava di spiegare come la bicicletta fosse “un valido rimedio contro l’anemia, la paura congenita e la timidità irragionevole del sesso gentile”.
Al di là dello sport e delle belligeranti fantasie dei militari, la bicicletta divenne quasi subito un favoloso mezzo di trasporto, amato da donne e uomini, da ricchi e poveri. Fu chiaro a molti il suo incommensurabile valore per viaggiare e scoprire il mondo, tanto che già nel 1894, nella città italiana della bici per eccellenza, Milano, nasceva il Touring Club Ciclistico italiano, che nel 1937 arrivò a contare quasi mezzo milione di iscritti e promosse valori di straordinaria attualità.
Inebriati dal boom economico, dalla ricchezza e dall’ozio, nonché stregati dalla velocità della automobili, molti misero da parte la bicicletta. Oggi tuttavia, il valore di questo mezzo, la possibilità di intrecciare turismo, sport, salute e rispetto per l’ambiente sembra essere tornato quello di un tempo. Come diceva una pubblicità del 1894: “Tu percorrendo a piedi la via che devi fare, non sai cosa vuol dire volare e camminare! Oh smetti disgraziato di battere la strada, monta sul velocipede e vada come vada!”
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