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La bimba di nome Etna: miti e leggende sulla Montagna nel nuovo libro di Marinella Fiume

C’è tutto il mito stratificato in tutti i secoli, le leggende, le vicende, i racconti, ma anche la scienza, la botanica, l’ecologia, la geologia, la cultura della terra, la geografia, l’arte popolare e l’arte sacra, le magie, i barocchi, la grande storia e perfino le superstizioni che per millenni si sono infilati, come torrenti,  tra i canaloni lavici e le grotte, i crateri e le pinete, i terrazzamenti e le sciare di quel vasto continente che ha dato il timbro alla Sicilia, di quel vulcano Etna, superbo e maestoso, del Mongibello arabo, ma essenzialmente della Montagna mastra e madre. Che ha affascinato e sbalordito il mondo e commosso artisti come Bembo e Tasso, Goethe e Yourcenar, Houële Marinetti; ma ha soprattutto ammaliato i primi cantori dell’umano, i greci sapienti sulle rotte della colonizzazione, mentre spalmavano miti notturni sui tremori della terra e i boati, e su quell’occhio rosseggiante sulla cima che Empedocle, nel dramma di Hoelderlin, volle vedere da vicino per gettarsi nella caldera: le colpe intendeva espiare del suo animo nobile.

Ora quel continente grande, con cui spesso si ama identificare la Sicilia intera, diventa libro speciale, pensato e scritto per ragazzi, e l’Etna, maestoso e superbo, viene ad essi narrato con linguaggio semplice ma per spiegare argomenti complessi e spesso pure poco noti anche ai più grandi. Esce per Algra Editore, “La bimba di nome Etna. L’Etna raccontata ai ragazzi”, un curatissimo volume a firma di Marinella Fiume, scrittrice, saggista e divulgatrice culturale, che per questa speciale edizione ha chiesto la collaborazione di un valido illustratore, Alessandro Filetti.

Il quale ha usato immagini forti e belle, suggestive e fantastiche, che, oltre a riprodurre con piena aderenza gli argomenti dei vari capitoli, comprese le bizzarrie fantastiche dei cantori etnei, ha interpretato perfettamente lo spirito più intimo nel quale la fantasia dei ragazzi ama rifugiarsi, quando la lettura soffoca i social. Particolare è intanto l’invenzione letteraria da cui l’autrice attinge per avviare la sua conversazione, lei già docente, con gli adolescenti. Etna infatti è il nome di una ragazzina, nipote di un pacifista olandese che alle pendici dell’Etna volle fermarsi e formare la sua famiglia.

Ed è la ragazzina, dal nome così singolare, che si fa spiegare dal saggio e colto nonno Jan, proprietario ormai di una azienda florovivaistica, il misterioso mondo della Montagna, quello che nasce e lievita fra i suoi meandri e i declivi, i fuochi e i butteri raffermi. Un universo che Etna narra in prima persona e che Fiume conosce tanto bene e a fondo da spiegarlo, attraverso le parole della ragazzina, con sapienza affabulatoria, metafore appropriate e con una lingua poetica che ammalia, come gli eventi che racconta, dove fraseggia pure la compita volontà di in-cantare, come i canti dei carrettieri carichi di neve o quelli corali delle vendemmie fra i terrazzamenti attorno ai conetti ormai spenti.

Vulcano ossimorico, ogni civiltà vi ha impresso la sua traccia, in somiglianza della straordinaria flora che popola le sue pendici e la fauna tipica, che poi fanno tutt’uno con le leggende attorno alle “piramidi” che segnano i suoi fianchi, insieme all’albero ruffiano di Giovanna d’Aragona e al cirneco, lascito egizio, forse, insieme il velo rosso di Agata che fermò la lava. E poi re Artù e i templari e la sibilla con la funesta profezia: salvare il continente Etna e dunque il mondo dal degrado.

Fermare lo scempio per recuperare la Natura che regna sull’universo etneo: possibile solo se tutti i ragazzi danno una mano, si alleano, formano una colata lavica di protesta. Mentre si instaura il Parco e la Montagna diventa patrimonio dell’Umanità. Pensato per i ragazzi, il libro è un ottimo strumento di lettura diretto agli alunni delle ultime classi della Primaria e della Secondaria di Primo grado, anche se fa pure bene ai liceali e non solo. 

Pasquale Almirante

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