L’istruzione è influenzata da fattori sociali e ambientali, ma anche genetici: da uno studio pubblicato su Nature risulta che incidono per almeno 20%.
L’ampia ricerca, condotta dall’associazione genome-wide (Gwas) e che ha analizzato quasi 300mila individui, ha identificato 74 varianti genetiche indipendenti correlate al livello di istruzione. Tra queste, alcune riguardano geni coinvolti nello sviluppo del cervello e legati ai disturbi neuropsichiatrici.
Allo studio ha partecipato anche il Consiglio nazionale delle ricerche (Istituto di genetica molecolare Igm-Cnr di Pavia, Istituto di ricerca genetica e biomedica Irgb-Cnr di Sassari e di Cagliari) con i dati di due indagini epidemiologiche condotte sulle popolazioni della Sardegna.
“In prospettiva, la scoperta di varianti genetiche associate con il livello di istruzione potrebbe permettere di identificare i fattori biologici coinvolti anche nel definire la personalità e le capacità cognitive rilevanti per le prestazioni scolastiche, nonché, in casi patologici, le condizioni neuropsichiatriche”, ha detto a fine studio Ginevra Biino dell’Igm-Cnr.
“Lo studio Gwas del lavoro appena pubblicato espande il campione iniziale investigato dal Social Science Genetic Association Consortium (Ssgac), portandolo da 101.069 a ben 293.723 individui. I risultati, inoltre, sono stati replicati in un campione indipendente di 111.349 individui. Nel nuovo campione il numero di polimorfismi (Snp) statisticamente significativi aumenta da 3 a 74”.
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In pratica, avere uno ‘score poligenico’ del livello di istruzione, cioè un indice che aggrega il potere predittivo di molte varianti genetiche, è molto interessante poiché costituisce un elemento di controllo al momento di valutare gli interventi per migliorare i risultati scolastici e uno strumento per identificare le interazioni gene-ambiente.
“I caratteri genetici associati a un aumento del livello di istruzione sono correlati anche con un aumento delle prestazioni cognitive e del volume intracranico, con un aumento del rischio di disturbo bipolare e con una diminuzione del rischio di Alzheimer e di nevrosi”, prosegue la ricercatrice.
“Gli Snp associati con il livello di istruzione, in gran parte, sono stati trovati in regioni genomiche che regolano il cervello del feto, in particolare nel tessuto neurale, soprattutto durante il periodo prenatale”.
Rispetto ad analisi precedenti, quindi, “i risultati presentati nel lavoro puntano più chiaramente a un’associazione tra capacità cognitive nell’adulto e biologia dello sviluppo del cervello nel periodo fetale”, conclude Biino.
“Inoltre, i risultati dimostrano che anche per un fenotipo comportamentale in gran parte determinato dall’ambiente, uno studio di associazione con varianti geniche ben disegnato fornisce risultati biologicamente significativi”.
Ora, il messaggio che arriva dal Cnr è chiaro: i docenti dovrebbero tenere conto dei fattori genetici che incidono sullo sviluppo cognitivo e pure, di conseguenza, su quello formativo. Rimane un forte dubbio: chi comunica agli insegnanti quali sono le predisposizioni innate dei loro alunni? E anche un secondo: ma non è che ora gli studenti che vanno male a scuola se la prenderanno, oltre che con i docenti, anche con i loro genitori?
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