La buona scuola: la vacuità dell’azione sindacale

La protesta sindacale avverso “La buona scuola” riguarda aspetti marginali: gerarchie; scuola azienda; la titolarità e responsabilità dei docenti nei confronti degli alunni; la chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici; metodi di valutazione degli insegnanti; disparità di trattamento tra gli assunti; forme di finanziamento; potere del dirigente scolastico; forme di incentivazione.

Scioperi che, per l’assenza di una visione sistemica, per la parzialità e la frammentarietà dell’oggetto di critica, sono di supporto al cambiamento indotto dalla legge 107.

Ben diversa sarebbe l’incisività della protesta se l’analisi del mutamento normativo fosse stata condotta a partire della qualità del servizio formativo-educativo-dell’istruzione-dell’insegnamento, all’interno del rapporto mondo contemporaneo-scuola.

Ben diversa sarebbe l’incisività della protesta se il testo della legge 107 fosse stato comparato a un modello di scuola desunto dalla dottrina scientifica e dalla normativa.

Ben diversa sarebbe l’incisività della protesta se fossero stati razionalmente e scientemente confezionati e diffusi messaggi atti a coinvolgere la popolazione intera.

La ratio legis è scolpita nell’art. 1, comma 1 della legge 107/2015: “Per affermare il ruolo centrale della scuola .. e per .. (elenco finalità) … la presente legge dà piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche di cui all’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni.

La via maestra per conseguire i traguardi elencati è “la piena attuazione della legge 59/97”, via imboccata in spregio al sistema normativo repubblicano: la legge 59/97 è una legge delega e, come tale, priva d’efficacia.

Dare piena attuazione alla legge 59/97”, che decodificato significa: il governo D’Alema – Berlinguer, che ha elaborato il DPR 275/99, ha lavorato in modo lacunoso e superficiale.

Si devono correggere e cestinare parti della disposizione.

Il riferimento alla legge delega e non al DPR implica l’esistenza di due filosofie contrapposte:

L’autonomia delle istituzioni scolastica, si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana” [DPR 275 – art. 1 – comma 2].

Gli estensori della legge 107 non possiedono le necessarie competenze progettuali per cogliere il senso della disposizione.

Un progetto prende avvio dall’esatta e scrupolosa specificazione dei traguardi.

Il paragrafo 7 della legge 107 non distingue, unificando, modalità operative e “obiettivi formativi individuati come prioritari”.

Il Piano dell’offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di circolo o di istituto” [DPR 275 – art. 3 – comma 3].

La struttura decisionale introdotta dalla legge 107 è concepita in spregio alla dottrina scientifica dell’organizzazione, fondamento del TU 297/94, e all’art. 37 del Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 che regola la Dirigenza pubblica.

Legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni”:

la modifica di una legge delega é ipotizzabile solo all’interno d’una cultura giuridica raffazzonata.

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