Il piano del Governo per una “Buona scuola” ha sicuramente il grande merito di individuare nel sistema di istruzione la leva fondamentale per lo sviluppo del Paese e di considerarlo finalmente come un investimento indispensabile e non solo come un costo. E’ la prima volta che un premier italiano si impegna in modo così deciso. Va detto però che la scuola non può essere finalizzata esclusivamente alla crescita economica del Paese: il valore dell’educazione e perciò la centralità dello studente devono restare il cardine attorno a cui ruota la struttura scolastica.
L’ampio documento presentato da Renzi individua sicuramente molti punti critici dell’organizzazione scolastica italiana che necessitano di interventi incisivi: l’eccessiva presenza di precari fra i docenti, la pesante burocratizzazione dell’apparato, la non ancora realizzata autonomia delle scuole, un sistema di valutazione ancora inadeguato, la mancanza di potere decisionale dei dirigenti, la riforma di organi collegiali inefficaci, lo scarso rapporto fra scuola e mondo del lavoro e molti altri aspetti.
L’ottica di fondo del piano di Renzi ha però una forte accentuazione “statalista”: non solo perché in pratica non parla, se non per un limitato accenno, della scuola paritaria, ma anche perché in esso è completamente assente la dimensione della sussidiarietà per cui il servizio dell’istruzione è visto soprattutto come servizio offerto dallo Stato e la società non può che avere un ruolo strumentale, magari per portare risorse al sistema statale in difficoltà. Siamo ben lontani dalla concezione di una scuola come espressione della società civile e di uno Stato come controllore e garante dell’istruzione per tutti, anziché gestore di tutto e perciò monopolistico. In questa impostazione le famiglie quasi spariscono. Non ci si rende conto che se non si supera una visione statalista della scuola non si migliorerà la qualità del sistema di istruzione italiano, perché la società di oggi per svilupparsi in qualsiasi campo ha bisogno della libertà delle persone e delle aggregazioni sociali.
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Assumere tutti i docenti
Osservazioni – a) Nella soluzione del problema del personale precario è concentrato quasi tutto lo sforzo economico previsto dal Governo, cioè più di 4 miliardi di euro per assorbire 148mila precari, il che assomiglia più che altro ad una maxi-sanatoria. Eppure il merito non dovrebbe essere un principio cardine della riforma? Il problema del precariato è certamente grave e va risolto, ma non è il punto che permetterà una svolta nella qualità delle scuole. Inoltre va detto che le soluzioni proposte presentano diversi rischi: che venga assunto molto personale non qualificato o non corrispondente alle qualifiche richieste dalle scuole, che si consolidi l’invecchiamento del corpo insegnante, che non serva a garantire la continuità didattica e che alla fine non si elimini veramente la presenza del precariato, come già successe negli anni ’70 con l’immissione in ruolo di 200mila docenti.
b) Inoltre queste assunzioni di massa rischiano di causare un forte esodo verso lo Stato degli insegnanti di scuola paritaria sia per gli stipendi decisamente più alti nello Stato – tutti devono mantenere la famiglia -, sia per la precarietà cha caratterizza il sistema non statale nell’attuale incertezza dei finanziamenti pubblici. In questo modo gli istituti scolastici paritari saranno privati del bene più prezioso formato negli anni, i docenti appunto; inoltre le previsioni di concorsi futuri contenute nel piano non tengono conto dei numeri di insegnanti necessari al sistema paritario.
c) L’enorme intervento economico richiesto dall’assunzione di tutti i precari peggiorerà lo squilibrio esistente nel bilancio statale per la scuola che già ora è quasi totalmente assorbito dalle spese correnti a danno delle risorse riservate agli investimenti, e questo ci allontanerà ancor più dagli standard europei.
d) Nel piano si prevede che i concorsi successivi all’immissione dei precari si svolgano ancora a livello nazionale, pur sapendo che questo sistema ha finora fornito risultati problematici: perché non si pensa di sperimentare soluzioni diverse?
Proposte – a) Chiediamo che i docenti delle scuole paritarie, abilitati e inseriti nelle graduatorie, che entreranno in ruolo nello Stato, possano scegliere di restare ad insegnare negli istituti paritari, da cui saranno evidentemente pagati, senza perdere il diritto acquisito nel ruolo di Stato di cui poter usufruire in seguito: A questo fine si potrebbe utilizzare, ad esempio, lo strumento del “distacco” o “comando” già in uso nello Stato (o comunque qualcosa di simile).
b) Chiediamo inoltre che le procedure e i numeri per le abilitazioni, con cui si prevede di formare i futuri docenti, tengano conto anche delle necessità di ricambio del personale delle scuole paritarie.
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Formazione e carriera dei docenti
Osservazioni – Per migliorare la situazione di carriera dei docenti è sicuramente necessario, come fa il piano, puntare sul merito piuttosto che sull’anzianità. Sarà però difficile attuare un simile cambiamento se il sistema resterà “centralista”, come lascia presupporre il piano stesso.
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La vera autonomia
Osservazioni – a) Giustamente il piano di Renzi indica la necessità di realizzare una piena autonomia delle scuole e individua nella valutazione e nella scelta degli insegnanti due elementi caratterizzanti l’autonomia. Ma questi obiettivi come possono conciliarsi con l’immissione decisa centralisticamente di 150mila precari nell’organico di ruolo e con la scarsità dei fondi riservati alle scelte delle singole scuole?
b) In particolare denunciano il fatto che il documento governativo dimentica sia la libertà di scelta educativa delle famiglie sia il sistema scolastico paritario, senza i quali l’autonomia non potrà mai realizzarsi e resterà pura retorica. Delle scuole paritarie, che pure fan parte del sistema nazionale di istruzione, si parla in soli due punti, quando si afferma che “il Sistema Nazionale di Valutazione sarà esteso anche alle scuole paritarie” e che “servirà lavorare per dare alle scuole paritarie (se valutate positivamente) maggiore certezza sulle risorse loro destinate, nonché garanzia di procedure semplificate per la loro assegnazione”.
Si tratta di due affermazioni significative – soprattutto la certezza di risorse e la semplificazione nell’assegnazione sono aspetti molto importanti che oggi determinano sofferenze economiche alle scuole -, ma certo non si affronta il problema fondamentale che è quello di permettere a tutte le famiglie e agli studenti di scegliere il percorso scolastico ritenuto più adeguato. La mancanza di finanziamento (oggi pari a meno dell’1% del bilancio del Ministero) è il vero problema della parità che viene totalmente ignorato, una dimenticanza grave visto il quadro di riferimento europeo a cui si ispira il documento e visto che si tratta di circa il 12% della popolazione scolastica complessiva.
c) Parlando della nuova governance delle scuole il documento non cita mai i genitori, come se gli unici soggetti attivi nella scuola possono essere solo il dirigente, i docenti e il personale amministrativo: in questo modo a chi rispondono del loro operare? Così non si attua l’autonomia delle scuole, ma la loro autoreferenzialità e quindi il distacco dalla società civile.
Proposte – a) Il valore della libertà di scelta educativa delle famiglie e il tema della parità vanno inseriti nel piano di cambiamento della scuola come obiettivi necessari per migliorare tutto il sistema scolastico e portarlo sugli standard europei anche in questo campo.
b) Va approvata urgentemente una legge sulla governance delle istituzioni scolastiche autonome, che garantisca la presenza di tutti i soggetti della scuola (studenti, insegnanti, genitori) e favorisca la corresponsabilità educativa fra gli adulti, coinvolgendo anche i soggetti del territorio.
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Ripensare ciò che si impara
Osservazioni – a) Le proposte contenute nel quarto capitolo contengono due rischi: il primo è l’aumento delle discipline e perciò delle ore curriculari in una scuola che già oggi a livello europeo ha più ore di lezione delle altre nazioni.
b) Il secondo rischio riguarda la contrazione dell’autonomia degli istituti scolastici che vedono ridursi i margini per una scelta basata su un proprio progetto didattico.
c) Inoltre queste proposte paiono in contraddizione con l’obiettivo, contenuto sempre in questo capitolo, che ogni scuola possa progettare ciò che insegna con una forte attenzione ai bisogni delle famiglie e del territorio.
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Fondata sul lavoro
Osservazioni – Il quinto capitolo è dedicato al rapporto tra scuola e lavoro, sicuramente un importante obiettivo da implementare: eppure il documento governativo ha dimenticato completamente il settore dell’Istruzione e Formazione Professionale iniziale che, attraverso i Centri di Formazione Professionale e gli Istituti Professionali di Stato, offre oggi a 300mila ragazzi l’opportunità di rientrare o proseguire un percorso formativo portandoli con successo a introdursi nel mondo del lavoro.
Proposte – a) E’ necessario che il Governo, che dice di avere in mente il modello tedesco, si renda conto che solo estendendo a tutte le Regioni il sistema di Istruzione e Formazione Professionale, basato soprattutto sui CFP e solo sussidiariamente sugli Istituti di Stato, può ottenere il risultato di combattere la dispersione scolastica, di portare più giovani ad una qualifica e di ampliare le opportunità di lavoro giovanile.
b) Sempre in relazione alla dispersione, è necessario far funzionare l’anagrafe di tutti gli studenti appartenenti al sistema educativo nazionale (statale, paritario e di Istruzione e Formazione Professionale) per tenere sotto controllo la situazione reale e studiare le iniziative migliori per recuperare tutti i giovani.
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Le risorse per la buona scuola, pubbliche e private
Osservazioni – Nel capitolo dedicato alle risorse pubbliche e private il piano del Governo, pur trascurando completamente i fondi per il sistema paritario, indica alcuni importanti obiettivi che condividiamo: 1) vincolare gli investimenti all’effettivo miglioramento dei singoli istituti e al merito di chi lavora per produrlo; 2) le risorse pubbliche dedicate all’offerta formativa devono essere stabilizzate e non dovranno più essere dirottate su altri capitoli di spesa perché l’investimento nella scuola non deve essere considerato solo una voce di spesa della PA, ma uno sforzo di tutto il Paese nel costruire il suo futuro.
Proposte – a) Fra le risorse pubbliche da incrementare vanno inserite anche quelle relative all’attuazione della legge 62/2000 per l’ampliamento dell’offerta formativa: è un intervento che è possibile completare gradualmente fino ad arrivare ad un uguale trattamento fra tutti gli studenti di scuole statali e paritarie. Innanzitutto va studiato un provvedimento urgente per garantire la stabilizzazione dei finanziamenti in un unico capitolo gestito dallo Stato. In una prospettiva più ampia si chiede un significativo aumento delle risorse destinate al sistema paritario in base ai numeri degli studenti e al costo standard per offrire libertà di scelta a tutte le famiglie, sapendo che i maggiori finanziamenti da parte dello Stato verrebbero nel medio periodo in gran parte riassorbiti dal risparmio ottenuto dalle scuole statali in caso di spostamento di utenza, come dimostrano i Paesi europei che hanno favorito in questi ultimi anni l’espansione della scuola non statale.
b) Prevedere un incremento delle risorse destinate alla Istruzione e Formazione Professionale, legando anche queste a un costo standard nazionale dei percorsi di IeFP.
c) Riguardo alla stabilizzazione e accrescimento dei fondi MOF, chiediamo che queste risorse, strettamente legate al miglioramento dell’offerta formativa, siano usufruibili anche dalle scuole paritarie, e allo stesso modo i fondi del PON Istruzione per il periodo 2014-2020 debbono essere aperti anche ai progetti del sistema paritario.
d) Riteniamo infine che gli strumenti indicati per la ricerca di risorse private a favore della scuola siano delle opportunità interessanti che debbono però essere offerte anche alle scuole paritarie. Il primo strumento indicato fra questi è lo “School Bonus”, che ha un risvolto fiscale interessante su cui si deve lavorare per permettere alle famiglie la detassazione del contributo per il funzionamento delle scuole paritarie.