Categorie: Politica scolastica

La Buona Scuola tra miraggio e realtà

Nei giorni scorsi, le dichiarazioni discordanti di Renzi e Giannini hanno, ancora una volta, generato aspettative e angosce, esattamente in linea con la confusione che regna sovrana nel progetto politico del Governo.

Se da una parte, Renzi enfatizza l’iniziativa di aver coinvolto con sondaggi e consultazioni (secondo noi un’azione tutt’altro che ben riuscita), per concertare con la società tutta la riforma integrale del sistema scolastico italiano, dall’altra, il Ministro dell’istruzione continua a dimostrarsi chiusa e irremovibile, rispetto a tutte le istanze del precari e delle organizzazioni che li rappresentano.

Nonostante le sue recenti anticipazioni, infatti, continuiamo a constatare che buon senso, lungimiranza, diritto, e tanto altro non sono riscontrabili nell’attuale compagine governativa.

A fronte di migliaia di contratti a tempo determinato, siglati anche quest’anno, e che hanno come sempre immesso precari nel sistema scolastico, i quali, tra l’altro, percepiscono solo di tanto in tanto lo stipendio, il ministro Giannini promette quasi 150.000 assunzioni, forse anche dalla graduatorie d’istituto, non chiarendo come intende risolvere la questione delle migliaia di aspiranti docenti presenti in Gae, senza neanche un giorno di servizio.

Se assorbire tutti i precari, continua a ribadire Renzi, è priorità del Governo, il Miur parla di assunzioni senza curarsi dello status effettivo dei destinatari dei dichiarati provvedimenti, tranne nel caso di un migliaio di docenti assunti dalla graduatorie d’istituto, così la Giannini quantifica il fenomeno, quale misura possibile a seguito dell’applicazione della sentenza europea.

Ma a questo punto, sono inevitabili alcune considerazioni, introdotte dal quesito al quale il Miur finora non ha mai dato risposta, facendo finta di non conoscere la realtà che esso stesso ha generato: “Che intenzioni ha il Ministero nei confronti delle migliaia di precari, che hanno contratti diversi da quelli citati nella sentenza europea?”

Come al solito, al MIiur si gioca a nascondino, e si fa affidamento sull’ingenuità di quanti non hanno dimestichezza con il linguaggio burocratico e giuridico.

Noi smascheriamo le carte. La sentenza europea, infatti, ha dato sì delle indicazioni , ma sulla base dei casi sottoposti al giudizio della Corte. Essa non avrebbe potuto esprimersi su questioni simili, perché non è questo il suo compito. Ma il Miur sa bene che in Italia, la questione del precariato scolastico è viziata da una normativa complessa e a tratti contraddittoria, e che, per questo motivo, ha permesso a persone con titoli e mansioni identiche, di vedersi assegnati contratti difformi per durata e retribuzione.

C’è poi un’aggravante determinata dal contenimento della spesa imposto dal Mef, che ha portato ad un incremento dei contratti successivi sullo stesso posto di lavoro, interrotti per seguire il ritmo della sospensione della didattica, imposto dal calendario scolastico, ma che di fatto sono stati assegnati sempre agli stessi docenti.

Che appellativo dare a tutti questi insegnanti, se non quello di precari?!

Il Ministro, poi, senza troppi cedimenti, si limita a citare la sentenza europea senza ammettere che le linee politiche sostenute dall’inizio del suo mandato, non erano certo dettate dalla convinzione di dover mettere mano agli annosi problemi del sistema scolastico statale, tra cui il precariato, con l’intento di migliorare il sistema e la condizione di chi, con il proprio servizio, lo ha tenuto in piedi finora.

Il Ministro, infatti, implicitamente, ha seguito l’andamento dei ricorsi avviati, in linea con i suoi predecessori che hanno istituito i Pas, hanno favorito il riconoscimento del valore abilitante del diploma magistrale.

Le 150.000 assunzioni, lo sappiamo tutti, sono state annunciate per contenere gli effetti che la sentenza europea aveva promesso; le mille assunzioni dalle graduatorie d’istituto sono state annunciate per contenere gli effetti dei contenzioni ai Giudici del lavoro; forse si otterranno anche nuovi Pas, per contenere, come fu nel 2011, sempre nell’ottica di voler sanare la posizione indifendibile del Miur, che ha sfruttato personale che esso stesso definisce non qualificato abbastanza.

Praticamente, le linee politiche sono di volta in volta orientate dai contenziosi, lasciando perplessi sull’esistenza di un piano politico coerente e serio, così come il Governo vorrebbe vendere.

E poi c’è la questione del Concorso, che dovrebbe “sanare” il precariato che rimarrà fuori dai piani d’assunzione prospettati dal Governo. Ottimo proposito per “selezionare” docenti iper selezionati, formati e “riformati”, “graduati”, assunti e sfruttati: ma non sarebbe meglio spendere i soldi per assumerli direttamente, predisponendo una fase transitoria, senza riproporre situazioni in cui i precari storici si trovino a condurre una guerra fratricida contro chi non ha mai lavorato nella scuola?

I continui tagli e gli investimenti fasulli, poi, hanno aperto una voragine nella gestione dei Bisogni educativi speciali e dei Disturbi specifici di apprendimento: nella buona scuola del governo Renzi non c’è alcuna attenzione alle figure professionali specializzate, che costituiscono la risorsa agli alunni che necessitano di percorsi adeguati al pieno sviluppo della loro inclusione e del loro percorso formativo. Anche in questo settore, infatti, il Miur sembra dimenticarsi che ogni anno assume, anche dalle graduatorie che si vorrebbero abolire, personale sì privo di abilitazione, ma soprattutto specializzazione. I docenti che si sono fatti carico di questa responsabilità, tuttavia, e che hanno svolto con perizia e passione il loro lavoro, non solamente vengono usati, ma dequalificati, perchè l’esperienza acquisita sul campo, la professionalità, la capacità di empatia, la ricerca e la formazione (totalmente a proprio carico), non sono minimamente presi in considerazione, tanto che vi è il totale disconoscimento del servizio svolto con quella specifica mansione.

Bisogna ricordare, infatti, che dal 2005, solamente nel 2013 sono stati attivati i corsi di specializzazione, finalizzati anche alla riconversione del personale di ruolo in esubero, in barba alla “vocazione” o alla libertà di scelta professionale.

E la scelta del numero chiuso, ancora una volta, disattende il principio che la formazione è un innanzi tutto un diritto, distaccata dalla funzione docente, e che dovrebbe essere aperta a tutti, sia per sopperire all’effettiva carenza di insegnanti specializzati, ma anche per dare a tutti gli insegnanti quegli strumenti operativi nei confronti dei Bes, che oggi sono gestiti “per legge” dagli insegnanti curricolari, e per migliorare l’inclusività di tutti i docenti e alunni nella scuola pubblica italiana.

Sinceramente, non crediamo possibile che in questo clima politico confuso, e poco lungimirante, si possa sperare in un miracolo capace di rispondere alle legittime richieste di tutti i precari.

Prevediamo invece mesi in cui alzare la guardia per prepararci a fronteggiare qualcosa che, ancora una volta, ci investirà travolgendoci.

Chiara Stella Albanello, Valeria Bruccola

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