Home Politica scolastica La Buona Scuola tra vulnerabilità e resilienza dei lavoratori

La Buona Scuola tra vulnerabilità e resilienza dei lavoratori

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Il Premier Renzi agli inizi di settembre su “La Buona Scuola” esordì con queste parole: “Vi propongo un patto educativo non l’ennesima riforma, non il solito discorso che propongono tutti i politici, una cosa diversa. Abbiamo un anno di tempo per rivoluzionare la scuola italiana. Sarà bellissimo (campagna di ascolto sulle linee guida della scuola dal 15 settembre al 15 novembre) ascoltare la voce di tutti, perché la scuola non è del ministro né del Presidente del Consiglio. Vi chiedo una mano: i giorni che ci aspettano sono giorni meravigliosi, non buttiamoli via. Abbiamo il coraggio di provare insieme a disegnare la scuola che verrà e forse anche così l’Italia tornerà a essere custode della straordinaria bellezza che ha”. 

Oggi agli inizi di ottobre gli studenti manifestando per le strade di Palermo rispondono con uno striscione in cui è scritto: “Renzi e Giannini come la Gelmini: le scuole crollano mentre i politici parlano”. In occasione della stessa manifestazione gli studenti affermano: “La Buona Scuola di Renzi si traduce in una sempre maggior privatizzazione delle scuole, in un abbassamento della qualità dell’offerta formativa, nello sfruttamento del lavoro degli studenti e nella precarietà d’insegnamento per la classe docente. Noi studenti in questi anni abbiamo subito aumenti di tasse e spese scolastiche sempre più esose, il peggioramento delle condizioni di vita e di studio in classi troppo affollate e in strutture fatiscenti alcune delle quali abbiamo persino visto crollare. Abbiamo vissuto l’irrigidimento dei rapporti i con i docenti sempre più prepotenti grazie al ricatto del voto di condotta e la repressione nei confronti di chi fra noi si oppone apertamente a questo stato di cose”.

A ciò si aggiunge adesso quello che il governo definisce “avviamento al lavoro” ma questo apprendistato obbligatorio altro non è per noi che sfruttamento gratuito. Non parliamo poi dell’annunciata cancellazione degli organi collegiali che non avranno più nessun peso decisionale lasciando che indirizzi, obiettivi e valutazioni vengano posti nelle mani dei dirigenti scolastici e privati, il cui unico interesse sarà conseguire profitto economico. Anche in questa riforma, infatti, si parla dell’ingresso dei privati nei Consigli d’Istituto delle scuole, ciò comporta che gli istituti dovranno attrarre investimenti privati per potersi mantenere in vita svendendo al migliore offerente la formazione e quindi il nostro futuro”.

Insomma una buona scuola che evidenzia sia la vulnerabilità dei lavoratori del sapere che nel dopo riforma potrebbero diventare sempre più precari, sia la loro resilienza intesa come capacità di reagire al nuovo che avanza.

 

Vignetta di Doriano

 

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