Mancano poco meno di due settimane alla scadenza per l’inoltro delle domande di immissione in ruolo ed i precari storici sembrano orientati a boicottare il piano assunzionale del governo. Ai docenti, infatti, non piace la “Buona scuola” fortemente voluta dal premier Matteo Renzi. A non piacere sono tanti punti sui quali sino ad oggi sono stati spesi fiumi di inchiostro elettronico.
Solo per citarne due: il modo in cui questo governo è riuscito a varare una legge che, anziché essere fondata sul più ampio consenso possibile, è stata approvata con un colpo di mano, l’istituto della fiducia utilizzato impropriamente e, ahinoi, anti democraticamente; la “deportazione” lontano centinaia – quando non migliaia – di km da casa, con notevoli ripercussioni economiche ed affettive per quanti, ormai non più giovanissimi, si sono creati una famiglia. Non sembrano essere serviti gli scioperi dei mesi precedenti per far desistere l’esecutivo da scelte ritenute, talvolta, anche aberranti.
Il premier in carica, infatti, ha dimostrato scarsa sensibilità al dialogo. Soprattutto quando lo stesso sembrava e sembra andare in una direzione divergente rispetto alle sue decisioni. Come se in una democrazia il potere decisionale sia appannaggio di uno soltanto. Bene, i precari storici della scuola pubblica italiana non sembrano essere d’accordo con questa tendenza “assolutistica”.
Se insegnare significa non trasmettere nozioni da imparare mnemonicamente, quanto piuttosto trasmettere certo amore per lo studio al fine di far maturare nei discenti un pensiero critico che li renda veramente liberi e responsabili, allora hanno ragione quanti tra i precari – e secondo indiscrezioni e sondaggi vari sembrano tanti – non intendono sottostare a certi capricci governativi non inoltrando domanda di immissione in ruolo. E i paventati errori di cui parla il ministro Giannini fanno soltanto sorridere i tanti precari italiani che certamente non hanno bisogno di sentirsi raccontare le favolette. La verità sembra piuttosto altra: se questo piano assunzionale, infatti, dovesse saltare, a saltare potrebbe essere tutto il governo Renzi che ha avuto troppa fretta a condurre in porto una riforma che nessuno voleva.
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