La “bwana scuola”

La “bwana scuola” Che il fronte cicatriziale, lungo 202 commi, del “decreto 107” abbia posizionato la scuola in uno stato “pre-commatoso”, lo dimostra la differenza tra i virtuali tweet dei membri della maggioranza, frizzanti e gioiosi, e la densa realtà di tutti i giorni: l’ “algoritmo misterico/alchemico” che ha de-localizzato i docenti delle fasi di stabilizzazione/espulsione (mancava solo il codice a barre stampato sul braccio: le merci sono trattate con più riguardo…); i “potenziamenti” che rinforzano solo la “supplentite”; l’anno di prova, che mette alla prova non solo l’insegnante, ma anche il tempo dell’anno di prova, di fatto rimandato di un anno … (sublime), per grossolane incongruenze, che già, nel giugno 2015, furono intuitivamente pre-viste da tutti gli addetti ai lavori, ma non dalla maggioranza di Governo, la quale doveva correre, con fiducia, verso la modernità… Che l’unico articolo della 107 rappresenti un quadro “pre-commatoso”, è dichiarato anche dalla stessa struttura formale del “decreto legge”, travestito da ddl e dai percorsi procedurali (militarizzati) conseguenti, in quanto reca il segno del naufragio della dialettica parlamentare, un relitto tardo novecentesco, con conseguente defenestrazione del Legislatore, livido, pavido e coperto da ecchimosi (pur tuttavia sciolto, atletico e sanguigno nella difesa di interessi assolutamente corporativi e di corporazioni “altre”).

La questione della fiducia, è questione seria, oltre che “moderna”. Che la 107, sotto traccia, si configuri come un dispositivo di controllo disciplinare è considerazione, infine, che tra qualche riga si proverà ad articolare in forma di filiera su cui troneggia una sola parola d’ordine: “sì, bwana !”. Filiera che ha attivato, nel “sistema scuola”, i gangli necrotizzanti dell’ideologia neoliberista, ur-governatore di governi continentali, portentoso portatore di interessi finanziari, cioè esclusivi, speculativi e parassitari: in altre parole, interessi farabutti (dal tedesco, 1650, “Freibeuter” : libero saccheggiatore).
Quindi, in doverosa sintesi, si annota la tracciabilità della su detta filiera, da monte a valle, al fine di ricostruirne i passaggi più lampanti: quando Roma risponde a Berlino; quando il Mef risponde a Francoforte; quando il Miur risponde al Mef; quando il PdC risponde a viale dell’Astronomia; quando i parlamentari della maggioranza, e altre frattaglie e cespugli sparsi, rispondono al PdC; quando la fiscalità generale risponde all’Oltretevere e alle scuole private; quando le OOSS confederali (la Gilda, più distante), specialiste in contrattazioni i cui esiti ricordano quelli delle “ritirate strategiche e vittoriose”, rispondono al Miur sulla mobilità a geometria variabile, ma in senso regressivo; quando i ds rispondono al rav, cioè all’Invalsi, il novellato, dalla Confindustria, Panopticon; quando gli insegnanti, dagli ambiti in via di sviluppo, risponderanno al ds; quando gli studenti si in-formeranno, nelle ore dedicate all’alternanza scuola-lavoro (un sottogenere di preagonistica sulle magnifiche sorti e progressive del Jobs act); quando nei comitati di valutazione pv, si cor-risponderanno criteri per misurare il vuoto col nulla: una sola voce si leva (-erà), a maggior gloria della Patria: “Sì, bwana.” Che santa Leopolda ci assista.

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