Sul reclutamento scolastico l’Italia sembra voler rimanere nel suo splendido isolamento: continuando a mantenere in vita la precarizzazione di massa. La bocciatura nelle ultime ore a Palazzo Chigi della mozione del Movimento 5 Stelle, con cui i pentastellati chiedevano di procedere a una stabilizzazione progressiva degli occupati a termine nell’istruzione, come in tutto il pubblico impiego, conferma come alla maggioranza dei nostri parlamentari non siano ancora chiare le norme e le indicazioni su come va gestito e risolto una volta per tutte il problema del precariato. Ad iniziare da quello ‘endemico’ della pubblica amministrazione.
“Anziché prendere atto del diritto comunitario – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – il Parlamento italiano si ostina a rimanere ancorato ad una visione del mondo del lavoro del tutto anacronistica: aver bocciato in modo schiacciante la mozione del M5S significa, infatti, non aver compreso che l’Italia non vuole adeguarsi alle regole delle democrazie moderne. E che seguendo la strada del conservatorismo i nostri parlamentari rischiano di condannanare l’Italia a pagare delle sanzioni a dir poco salate, fino a 4 miliardi di euro. E questo sempre perché le nostre norme in materia non recepiscono la direttiva 70 del 1999 sull’obbligo di assorbire i lavoratori precari che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio”.
“Ieri anche il rappresentante della Commissione europea – continua Pacifico – si è soffermato più volte sul fatto che non occorre confondere le ragioni sostitutive, che portano alla supplenza di posti già ‘coperti’ da personale di ruolo, rispetto a quelle che riguardano la copertura annuale dei posti vacanti e disponibili. In quest’ultimo caso non vi sono ragioni che tengono: qualora il supplente abbia già svolto 3 anni di lavoro, va immesso in ruolo. Non farlo, come avvenuto sistematicamente in Italia negli ultimi decenni, comporta situazioni paradossali, con docenti costretti loro malgrado a rimanere supplenti a vita”.
Un caso professionale di cattiva gestione del precariato in Italia è quello degli insegnanti di sostegno. A fronte di quasi 230 mila alunni con handicap iscritti oggi nelle scuole italiane, lo Stato per rispettare il rapporto uno (docente) a due (alunni) avrebbe bisogno di 115 mila insegnanti di sostegno. Mentre l’ultima legge approvata, la 128/2013, prevede che gli insegnanti specializzati siano circa 65 mila ed entro il 2016 non superino quota 90 mila.
Se si guardano tutte le discipline il risultato non muta. Basta dire che dall’anno scolastico 2001/2002 le scuole hanno utilizzato più di 1 milione e 200 mila insegnanti precari con contratto sottoscritto sino al termine dell’anno scolastico. Almeno la metà di queste supplenze, forse anche i due terzi, andrebbero però considerate a tutti gli effetti fino al 31 agosto dell’anno successivo. E quindi utili per le assunzioni. Mentre in 12 anni l’Anief ha conteggiato, attraverso i dati ufficiali del Miur, appena 258.206 insegnanti immessi in ruolo: si tratta di un numero davvero basso, anche perché nello stesso periodo ci sono stati ben 37 mila pensionamenti in più (295.200) e 311.364 cattedre vacanti.
“Auspicare di trovare una soluzione per mezzo milione di precari complessivi presenti solo nella scuola, come ha fatto ieri il Ministro Giannini in VII commissione al Senato, non ha senso se poi non si copre neanche il turn over”, spiega ancora Pacifico. “Ed è ancora meno comprensibile fare questi annunci, se poi l’amministrazione non decide una volta per tutte di trasformare la maggior parte delle cattedra oggi assegnate al 30 giugno in posti vacanti. Si tratta di situazioni che non rientrano nel campo delle ragioni meramente sostitutive, come nel caso delle supplenze brevi. E che quindi – conclude il sindacalista Anief-Confedir – necessitano di una soluzione radicale”.