Le scuole paritarie devono pagare Imu e Tasi se non svolgono attività a titolo gratuito o con la richiesta di un importo simbolico. Sono soggetti anche al pagamento delle sanzioni tributarie irrogate dalle amministrazioni locali, per omesso versamento dei tributi. Questo è quanto ha deciso la Corte di Cassazione con l’ordinanza n.10754 del 3 maggio scorso.
Per i giudici – riporta Italia Oggi – per escludere il carattere economico dell’attività didattica svolta dalla scuola paritaria non basta “Il rispetto delle condizioni quali il soddisfacimento degli standard di insegnamento o l’accoglienza di studenti disabili”. Necessario è che l’attività dell’ente no profit “sia svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un importo simboli, tale da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio.
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L’esenzione per il pagamento dell’Imu-Tasi. Pertanto spetta a quegli immobili che non svolgono un’attività commerciale e l’onere di provare l’attività no-profit spetta al contribuente. La distinzione tra attività commerciale e attività non commerciale ai fini dell’esenzione della tassa sugli immobili non può essere desunta sulla base di ciò che attestano i documenti sull’attività dell’immobile ma vanno analizzate in concreto poiché anche quelle attività che rientrano nell’elenco delle esenzioni, tra cui l’istruzione, se svolte con modalità commerciali fanno scattare l’obbligo di pagamento dell’imposta.
Il fatto rivelatore dell’esercizio di attività commerciale può essere rappresentato dalla retta imposta agli alunni. Il regolamento, infatti, stabilisce che si tratta di attività non commerciale, esente quindi dal pagamento dell’Imu, quando la retta media pagata per gli studenti non superi il costo medio per studente fissato dal Miur in 5.739,17 euro per le scuole materne e 6,914,17 euro per le superiori.
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