“I Prof. ammettono: siamo impreparati a certificare le competenze” [ItaliaOggi 12/12/17] e il Comitato scientifico nazionale chiede la “progettazione di una o più azioni strategiche nazionali di formazione sui temi della didattica per competenze e innovazione metodologica e della valutazione degli allievi”.
Niente di più sbagliato: il superamento dell’impreparazione professionale può avvenire se, solamente se il problema della certificazione delle competenze è collocato all’interno del sistema scuola; un problema da non affrontare come una questione a sé stante.
Un breve excursus storico consente di cogliere l’origine della questione.
La legge 53/2003 ha dato mandato al governo di “definire le norme generali sull’istruzione” e ha specificato la finalità del sistema educativo: “.. sono assicurate a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea”.
Norma che fissa il significato e la natura di molti termini tra cui: le competenze si collocano su due livelli; sono generali se riguardano la finalità del sistema, sono specifiche se attengono ai singoli insegnamenti. Le conoscenze e le abilità sono strumentali rispetto all’orientamento del sistema educativo.
Nel marzo del 2010 il presidente della repubblica ha emanato un DPR contenente i regolamenti di riordino.
Si consideri quello dei licei.
Si trascrivono tre capacità/competenze generali che appaiono nell’elenco:
Sono traguardi cui tutti gli insegnamenti devono mirare.
L’unicità delle mete formative implica la rimodellazione del sistema decisionale, ristrutturazione prevista nel ‘74 dai decreti delegati e confermata nel ‘94 [D.Lgs. 297].
Una struttura organizzativa sviluppata e arricchita da successivi provvedimenti: il DPR sull’autonomia scolastica del 99 che si sostanzia di progettazione formativa, educativa e dell’istruzione; il D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 che “rafforza il principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi di governo e le funzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenza”.
Sorprendente che i parlamentari, presentando le riforme delle ultime due legislature, abbiano dichiarato il fallimento dei decreti delegati senza ricercare l’origine dell’insuccesso. Se avessero analizzato le convocazioni degli organismi collegiali, avrebbero costatato sistematiche inadempienze. Gli ordini del giorno non hanno mai previsto adempimenti per loro vitali: la sterilizzazione è stata l’inevitabile conseguenza.
Quanti Consigli di Istituto hanno “Elaborato e adottato gli indirizzi generali” esprimendoli sotto forma di competenze generali?
Quanti Consigli di Istituto hanno deliberato i “Criteri generali della programmazione educativa”?
Quanti Collegi dei docenti hanno “valutato periodicamente l’andamento complessivo dell’azione didattica per verificarne l’efficacia in rapporto agli orientamenti e agli obiettivi programmati, proponendo, ove necessario, opportune misure per il miglioramento dell’attività scolastica”?
Uno stato confusionale rinvigorito dalla legge 107/15 [La buona scuola] che al comma 7 elenca “Gli obiettivi formativi ritenuti prioritari”. Tra le competenze generali, comportamenti che gli studenti devono esibire al termine del loro itinerario scolastico, sono elencati:
più della metà dei traguardi che il legislatore ha indicato è sbagliata!
Una strategia risolutiva, titolata “La promozione delle competenze”, è visibile in rete.
Enrico Maranzana
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