Renzi dice di volere ascoltare e di volere condividere la riforma della scuola con chi la scuola la vive ogni giorno, ma poi rimane fermo sulle sue decisioni e va dritto come un treno.
Qualcuno sospetta che il segretario del Pd, nonché Presidente del Consiglio dei ministri, sia affetto da uno stato di megalomania acuta, condita di una notevole dose di autoritarismo, che lo spinge ad ottenere al più presto, senza condizionamenti e senza lo spirito concertativo, le riforme necessarie, a suo dire, per cambiare l’Italia.
Poi che la riforma sia una pessima riforma e che sia addirittura inattuabile, poco importa. Pare che le parole d’ordine siano: “riformare, riformare e poi ancora riformare”.
Probabilmente Renzi vorrà restare famoso per il suo riformismo autoritario, che ha messo all’angolo i sindacati e la minoranza del suo stesso partito politico.
Quella stessa minoranza che oggi, durante l’approvazione dell’art.9 del ddl scuola, ha provato a fare passare l’emendamento Fassina sull’abolizione della chiamata diretta dei docenti da parte del dirigente scolastico. Emendamento bocciato a furore di popolo dallo stesso Pd. L’emendamento in questione, se fosse passato, avrebbe abrogato la norma che dà ai Ds il potere di scegliersi gli insegnanti dagli albi territoriali.
Contro questo emendamento hanno votato in 276 e a favore 84. A questo punto c’è da domandarsi: “Per il governo, la chiamata diretta dei docenti da parte del DS è un punto imprescindibile?”.
Dall’atteggiamento politico di Renzi sembrerebbe di si. Non pare che nei fatti, il Premier voglia aprire a cambiamenti su questo punto. Ma al Senato le cose potrebbero cambiare per tre semplici motivi. Il primo è che al Senato i numeri del governo sono incerti e la minoranza è molto più numerosa ed ha anche il dente avvelenato. Basterebbe pensare al Senatore Corradino Mineo, che certamente ha sempre dimostrato una indipendenza e una capacità di proposta molto forte.
Il secondo motivo è quello che quando si discuterà il ddl scuola al Senato, ci saranno le temutissime elezioni regionali, e ci sono almeno due regioni, Liguria e Campania, fortemente in bilico. Una prova di forza di Renzi sul ddl al Senato, potrebbe fare perdere quei consensi necessari per conquistare le due regioni. I terzo ed ultimo motivo e lo scontro con i sindacati che potrebbe portare anche al blocco degli scrutini e quindi ad esasperare gli animi.
E poi c’è un’altra domanda che pretende una risposta: “a chi giova dare tanto potere nelle mani dei dirigenti scolastici?”.
Avremo modo di spiegarlo in una lettura del testo che verrà definitivamente approvato.
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