Ho visto “La classe degli asini” proposto da Rai Uno. Sono tornato indietro con il tempo, quando la pedagogia contava, rispetto all’economia, fatta quest’ultima di contenimento della spesa, di razionalizzazione e ottimizzazione delle risorse…
Allora la scuola era autonoma, come spazio educativo e pedagogico.
Dirò di più. La pedagogia era ascoltata dalla politica! Il momento più alto di questa supremazia pedagogica è stata l’approvazione della L.517/77, grazie alla quale si sostanziava l’art. 3 comma 2 della Costituzione:” E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Da qui il diritto allo studio sostanziale che muovendo da quello formale ( “La scuola è aperta a tutti”, art 34 della Costituzione), impegnava la scuola ad alfabetizzare tutti, nessuno escluso. Quindi si riconosceva che la “diversità” non poteva giustificare la separazione, che si declinava nelle “classi differenziali”.
La “diversità” era considerata una caratteristica distintiva di ogni persona. Certo poi, questa si presentava con gradazioni differenti, ma era considerata un valore, un’opportunità di crescita per tutti. Questo momento felice per la pedagogia proseguì con l’istituzione della commissione tecnica che elaborò i programmi didattici ( 1985 ) per la scuola primaria (allora elementare ) insieme alle indicazioni organizzative per la scuola post gentiliana, già superata dallo sperimentalismo degli anni ’70. Questo gruppo di lavoro composto inizialmente da trenta esperti e poi allargato a sessanta rappresentava la punta di un iceberg. Dietro o “sotto”, come preferite, c’erano tantissimi insegnanti che contribuirono a definire la “nuova scuola elementare” (1990 ) .
Tutto questo era possibile perché alla scuola era attribuito un valore strategico. Il futuro era una prospettiva praticabile. Si credeva nella possibilità di un’alterità migliore rispetto al presente.
Cosa è cambiato rispetto ai tempi della L.517/77 e dintorni? Molto! Innanzitutto è tramontata l’idea del futuro come prospettiva. Siamo schiacciati da un presente “onnipresente” ( F. Hartog ) Da qui la sensazione che la pedagogia come pro-getto ( proiettata avanti ) sia diventata una variabile dipendente del finanzcapitalismo ( Gallino ). Un esempio: le classi pollaio!
Gli alunni sono progressivamente aumentati (la 517/77 stabiliva un tetto di 20 alunni in presenza del disabile)
Negli ultimi otto anni è frequente incontrare classi con 31-33 alunni. E questo grazie alla decisione politica di seguire il criterio del risparmio e dell’ottimizzazione delle risorse. Mi riferisco alla Legge 133/2008 di Gelmini-Tremonti che ha istituzionalizzato le classi pollaio e alla legge di Stabilità del 2015 ( Governo Renzi ) che ha introdotto quelle superpollaio, per via dell’impossibilità delle scuole di nominare un supplente il primo giorno di assenza del titolare.
Queste due modalità organizzative sono state definite incostituzionali dal T.A.R della Toscana (2016) , perché ledono il diritto all’istruzione e aggiungo io quello alla sicurezza. Eppure, il pronunciamento non ha turbato i sonni del legislatore, confermando la subalternità della pedagogia all’economia.
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