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La Commedia di Dante commentata tra musica, pittura, poesia, danza, cinema

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Tutti i viaggi hanno bisogno sia di scorciatoie, sia di un itinerario preciso che per ciò ne esclude qualche altro, altre soste, mete anche care; e non perché siano meno interessanti, ma perché quel percorso selezionato restituisce pensieri più cattivanti, suggestioni più corpose, memorie più intime, struggimenti più diletti alla memoria: e dunque viene preferito, ben sapendo tuttavia che la strada esclusa è altrettanto magica e fantastica, utilmente importante per l’avventura che si sta compiendo. Scelta simile ha operato, per il suo progetto, Paolo Sessa nell’ultimo saggio, “Viaggio nella Commedia di Dante. Tra poesia, musica, danza, pittura e cinema”, Bonanno Editore, 22.00 Euro, con interventi di Nicolò Mineo e Massimo Desideri.

E infatti ha scelto solo alcuni canti dell’intera Divina Commedia, e non già per spiegarli e commentarli, secondo i canoni letterari a cui ci ha abituato la critica, ma per entrarci secondo prospettive differenti, attraverso indagini diversificate e visioni d’insieme che, se per un verso, al lettore distratto, potrebbero sembrare stravaganti, dall’altro invece ampliano, dilatandola, la comprensione del viaggio ultramondano del Sommo poeta. 

Ed ecco allora, se nella prima Cantica, l’Inferno, dedica sei capitoli ad altrettanti Canti, e dunque ai vari ambienti, situazioni e personaggi scagliati da quelle parti dalla determinata furia dantesca contro i peccatori, nella seconda, il Purgatorio, e nella terza, il Paradiso, si sofferma su quattro canti ciascuno, mentre tutt’intorno, nel corso della lettura del saggio, è uno straripamento e sciabordio di coloriture e suoni, tonalità e fragori, concerti d’oboe e struggimenti di violini in combutta con le trombe verdiane del Dies Irae, comprese piccole serenate notturne (Paolo e Francesca); e mentre la pittura espressionista coi film di Fritz Lang e le pennellate fiamminghe si proiettano sulla pagina e a cui fa da contrappunto anche Rachmaninof.

Perché il focus, secondo l’analisi di Sessa, sta proprio in questo, nel cogliere dentro il vasto, profondo, intenso viaggio dantesco elementi sonori che richiamano le grandi sinfonie e pure Guccini, una poderosa orchestrazione i cui registri spaziano dai bassi dei dannati alle melodie estasianti del Paradiso con le luci accecanti della sua divina ribalta: l’arte contemporanea tanto ha preso dalle pagine dantesche e almeno parte di essa intende restituire alla Commedia l’autore.

E da qui anche il consiglio, si sottolinea, di leggere il Poema ad alta voce, affinché nelle parole usate dall’Alighieri si possano cogliere le loro sfumature sonore, l’accentazione ritmata, le partiture secondo armoniose scale. Un lavoro gradevole per rintracciare perfino le zoomate e i primi piani di una ripresa cinematografica o i passi della danza classica o le scansioni teatrali alla Max Reinhardt.

Scritto con la levità di una sinfonia (come è intitolato un cap. del Purgatorio), il saggio colpisce per i vari spunti, del tutto originali, di riflessione estetica, che aprono prospettive forse mai prima indagate. E infatti che ci fanno i Pink Floyd accanto a Matelda oppure Ugolino tra le corde calde del violoncello? Una lettura cattivante che trasporta verso nuovi spazi di conoscenza e che può entrare benissimo nei licei anche perché l’autore, nel tono complessivo, sembra proprio parlare a chi a Dante si approccia per la prima volta, pur sapendone l’importanza nella cultura italiana e non solo.