La Commissione, scrive il Corriere, si chiede se «per garantire una certa flessibilità negli organici della scuola per far fronte, senza oneri eccessivi per lo Stato, a variazioni imprevedibili della popolazione scolastica sia veramente necessario autorizzare l’amministrazione a ricorrere a una successione di contratti a termine senza alcun limite quanto al numero dei rinnovi contrattuali e alla durata complessiva del rapporto. Ben si potrebbe – continua la Commissione – in effetti realizzare tale obiettivo anche prevedendo un numero massimo di rinnovi del contratto concluso con ciascuna unità di personale temporaneo o fissando un tetto massimo alla durata di detto contratto».
Chiamata in causa per giudicare se la normativa italiana è aderente ai principi europei, la Commissione sostiene che«in tali circostanze non sembra si possa ritenere che la legislazione italiana sul reclutamento del personale docente e Ata a termine contenga criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare, in concreto, se il rinnovo dei contratti in questione risponda effettivamente a un’esigenza reale, sia atta a raggiungere lo scopo perseguito». Quindi, «il ricorso a contratti a termine successivi per la copertura di vacanze in organico che tale legislazione consente non può pertanto considerarsi giustificato da ragioni obiettive come previsto dalla clausola 5, punto 1, lett. a), dell’accordo quadro».
Soddisfatta la Gilda degli insegnanti, che rileva come i precari oggi abbiano un altro alleato, la Commissione europea: « La legislazione italiana, violando la direttiva comunitaria numero 99, consente il rinnovo dei contratti a tempo determinato per coprire le vacanze nell’organico docente e Ata in attesa della procedura concorsuale, senza però sapere se e quando il concorso si svolgerà. Ed è proprio su quest’ultimo punto che la Commissione europea punta l’indice, sottolineando che la reiterazione dei contratti a tempo determinato avviene senza prevedere alcun criterio obiettivo e trasparente per verificare che il rinnovo risponda a un’esigenza temporanea reale».
Ma cosa farà adesso il ministero dell’Istruzione, chiamato direttamente in causa? Dal Miur arriva la conferma che anche stavolta, come due mesi fa, verrà preparata una sorta di memoria difensiva, per spiegare che il governo italiano non sta ignorando il problema dei precari, ma sta procedendo a stabilizzarli, compatibilmente con le esigenze del sistema e le risorse disponibili. Se la Corte di giustizia non dovesse accettare queste «giustificazioni», l’Italia rischierebbe un ricorso per inadempimento, e sanzioni economiche pesantissime.