E’ l’ultima ricerca per dimostrare che le scuole private sono importanti anche per invogliare a migliorare l’istruzione pubblica, in vista pure, forse, del referendum (solo consultivo) che si terrà a giorni a Bologna per decidere se continuare ancora a finanziare i privati con le tasse del comune.
E infatti si dice nello studio della Pearson (colosso mondiale dell’editoria didattica, che detiene anche la proprietà dei marchi Paravia e Bruno Mondadori) dal titolo The learning curve e presentata a Londra nei giorni scorsi, che la concorrenza non è solo importante in ambito aziendale ed economico, ma anche nell’educazione, facendo pure bene alla qualità del sapere.
Il dossier, che esamina il sistema scolastico di cinquanta Paesi, come al solito restituisce una valutazione molto dura nei confronti del nostro sistema formativo che se non incentiva le private, togliendo per esempio l’Imu, rischia ancora di più di allontanarsi dagli standard europei. Insomma per un motivo o per l’altro la scuola pubblica italiana non riesce a smuoversi e migliorare. Infatti da un lato non riceve sufficienti finanziamenti per gestirsi e comprare perfino le penne, mentre i suoi docenti sono presi a pesci in faccia anche dal Presidente del consiglio dei ministri, e dall’altro per migliorasi e competere col resto del mondo ha bisogno della concorrenza delle private che non solo chiedono soldi ma anche di non pagare le tasse dove sono allocati i suoi stendenti.
“La presenza di scuole gestite da operatori privati produce un effetto positivo sul profitto degli studenti in Matematica, Scienze e Letteratura”, dice questo studio che comparerebbe i test internazionali PISA, le risposte con la quantità delle scuole e la qualità dell’insegnamento, e che poi, confrontandoli e accostandoli, indicherebbero questa singolare scoperta della concorrenza scolastica, attraverso la quale si può dunque migliorare la qualità della nostra istruzione pubblica.
Quella privata certamente sarebbe già di per sé concorrenziale e quindi di per sè migliore, visto che ha di fronte un concorrente grosso come il pubblico, pare di capire, mentre se la scuola pubblica va male contribuirebbe anche la succitata scarsa o mancata iniziativa concorrenziale; e tutto ciò è pure colpa del fatto che l’Italia non terrebbe in conto un dato importante: “Nei paesi in cui viene offerta alle famiglie la possibilità di scegliere quale tipo di scuola far frequentare ai loro ragazzi questi riportano mediamente risultati migliori che nei paesi dove la scelta è limitata. Se sono presenti più istituti non statali – scrive la ricerca – in modo che il settore scolastico non sia amministrato secondo il modello unico di una sorta di monopolio di Stato, i Paesi hanno performance migliori”.
E allora, per migliorare la qualità del nostro sistema scolastico basta mettere in concorrenza tra loro il più vasto numero di scuole e più scuole private ci sono e meglio è. Una sorta di mercato dunque l’istruzione e una sorta di centri commerciali della cultura scolastica i nostri istituti di istituzione, per cui prima di iscrivere i figli basta fare un ricerca di mercato per trovare il migliore offerente e magari sul tipo: prendi tre e paghi due.