Taluni dirigenti scolastici, pieni del loro potere istituzionale, snobbano imprudentemente i doveri di una corretta relazione sindacale con le rappresentanze interne alla scuola.
La giurisprudenza ha, in diverse occasioni, stabilito con chiarissime sentenze che la violazione, da parte del Ds, dei diritti esplicitamente stabiliti da norme legali o contrattuali, è considerata condotta antisindacale.
Per reprimere la condotta antisindacale del dirigente scolastico che viola il patto contrattuale, viene in soccorso l’art.28 della legge 300/1970. Quindi la RSU che vede lesa la dignità del lavoratore e quella del sindacato, può ricorrere al giudice del lavoro, come previsto dall’art.28 L.300/70, per denunciare il comportamento ritenuto antisindacale.
Ma cosa dice questo art.28? Nel art.28 c’è scritto: qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l’esercizio della libertà e della attività sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il pretore del luogo (oggi il giudice del lavoro ) ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.
L’efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla scadenza con cui il tribunale definisce il giudizio instaurato a norma del comma successivo. Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni dalla comunicazione del decreto alle parti, opposizione davanti al tribunale che decide con sentenza immediatamente esecutiva. Il datore di lavoro che non ottempera al decreto, di cui al primo comma, o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione è punito ai sensi dell’art. 650 del codice penale.
L’autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall’art. 36 del codice penale. Per cui il Ds che nega al lavoratore un diritto contrattuale e non cessa immediatamente il comportamento antisindacale, nemmeno dopo la sentenza del giudice del lavoro, allora verrà punito con la pubblicazione della sentenza sulla stampa, a sottolineare la pubblica gogna di taluni comportamenti.
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