La Corte Costituzionale, con la sentenza n.251 (relatore Giuliano Amato), ha stabilito l’illegittimità dell’esclusione dei docenti di ruolo dai concorsi per il reclutamento di nuovi insegnanti.
Con questo pronunciamento, la Consulta ha dichiarato illegittimo l’articolo 1, comma 110 della riforma ‘Buona scuola’, e di conseguenza un articolo del decreto legislativo dello scorso aprile, nel punto in cui escludono dalla partecipazione ai concorsi pubblici per il reclutamento del personale docente gli insegnanti già assunti con contratto a tempo indeterminato nelle scuole statali.
La pronuncia, spiega Palazzo della Consulta, “è destinata ad applicarsi anche alle prossime procedure concorsuali di reclutamento dei docenti”.
A sollevare le questioni di legittimità era stato, con 2 distinte ordinanze, il Tar del Lazio: la Corte, nella sua sentenza, rileva che la “disposizione censurata esclude dai concorsi pubblici per il reclutamento dei docenti coloro che siano stati assunti con contratto a tempo indeterminato nelle scuole statali.
In questo modo – scrive la Consulta – il diritto di partecipare al concorso pubblico è condizionato alla circostanza, invero ‘eccentrica’ rispetto all’obiettivo della procedura concorsuale di selezione delle migliori professionalità, che non vi sia un contratto a tempo indeterminato alle dipendenze della scuola statale.
Norme impugnate: Art. 1, c. 110°, della legge 13/07/2015, n. 107.
Oggetto: Istruzione pubblica – Docenti della scuola statale di ruolo a tempo indeterminato – Preclusione alla partecipazione al concorso pubblico, per titoli ed esami, finalizzato all’assorbimento del precariato.
Dispositivo: illegittimità costituzionale – inammissibilità – ill. cost. conseguenziale ex art. 27 legge n. 87/1953
Atti decisi: ord. 134/2016; 42/2017
Di contro, “un’analoga preclusione non è prevista per i docenti con contratto a tempo indeterminato alle dipendenze di una scuola privata paritaria, né per i docenti immessi nei ruoli di altra amministrazione”.
La “contestata esclusione”, osserva la Corte, si fonda “sulla durata del contratto (a tempo determinato o a tempo indeterminato) e sulla natura del datore di lavoro (scuola pubblica o scuola paritaria): tuttavia, nessuno di tali criteri appare funzionale all’individuazione della platea degli ammessi a partecipare alle procedure concorsuali, le quali dovrebbero, viceversa, essere impostate su criteri meritocratici, volti a selezionare le migliori professionalità”.
L’esclusione dai concorsi dei docenti già in ruolo non è giustificabile neanche in relazione alla finalità di assorbire il precariato, che “risulta contraddetta proprio dall’inesistenza di un’analoga preclusione per i docenti a tempo indeterminato della scuola paritaria, nonché per coloro che, in possesso delle necessarie abilitazioni, già abbiano un rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze del Miur o di altre amministrazioni. Tali soggetti – scrive la Consulta – ancorché già titolari di contratto di lavoro a tempo indeterminato, sono ammessi a partecipare ai concorsi, a parità di condizioni, con i docenti precari della scuola” e in questo modo, “la disposizione in esame contraddice la stessa finalità in nome della quale essa sacrifica i diritti dei docenti della scuola statale con contratto a tempo indeterminato”.
Inoltre, la preclusione imposta ai docenti di ruolo “può rivelarsi ininfluente ai fini dell’obiettivo asseritamente perseguito, non arrecando alcun sostanziale vantaggio in termini di migliore allocazione delle risorse lavorative”, rileva la Consulta, dato che “l’accesso ai concorsi dei docenti con contratto a tempo indeterminato darebbe luogo, nel caso di esito favorevole, all’assunzione degli stessi nella ‘nuova’ posizione, con conseguente scopertura della posizione precedentemente ricoperta, che potrebbe, quindi, essere successivamente assegnata ad altri”.
Pertanto, “nel restringere irragionevolmente la platea dei partecipanti al pubblico concorso”, la norma contenuta nella riforma ‘Buona Scuola’ “confligge” con diversi articoli della Costituzione: “Il merito costituisce il criterio ispiratore della disciplina del reclutamento del personale docente”, ricorda la Consulta e tale preclusione “contraddice tale finalità, impedendo sia di realizzare la più ampia partecipazione possibile, sia di assicurare condizioni di effettiva parità nell’accesso”.
“L’obiettivo dei concorsi per il reclutamento di docenti è la selezione dei migliori insegnanti per aumentare la qualità dell’offerta formativa per studentesse e studenti. In quest’ottica, l’esclusione dei docenti di ruolo dalle procedure concorsuali era ingiusta e immotivata e la Consulta lo conferma”. Lo dichiara la deputata e responsabile scuola e università di Forza Italia Elena Centemero. “I docenti di ruolo che aspirano a migliorare la propria posizione senza passare attraverso la mobilità, collegata alla contrattazione sindacale, da oggi avranno nuovamente la possibilità di farlo. Ma più in generale, nel reclutamento degli insegnanti serve un cambiamento di sistema: i concorsi e il reclutamento devono essere ridotti avvenire su reti di scuole e i ruoli devono essere Regionali” conclude.
“Con la bocciatura da parte della Corte Costituzionale del comma 110 dell’articolo 1 della legge 107/2015, cede un mattone importante della riforma. A questo primo crollo ci auguriamo ne seguano altri, così da demolire i pilastri su cui si fonda la ‘Buona Scuola’, primo fra tutti la chiamata diretta dei docenti”. Così il coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, Rino Di Meglio, commenta la sentenza della Corte Costituzionale che dichiara illegittima l’esclusione dai concorsi dei docenti di ruolo in servizio nelle scuole statali”.
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