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La Consulta stravolge le graduatorie: ‘code’ incostituzionali. Ma il Miur si rifugia nel Milleproroghe

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Il sistema delle ‘code’ è incostituzionale: i trasferimenti dei docenti precari della scuola debbono avvenire mantenendo il punteggio originario. A sostenerlo è la Corte Costituzionale, che il 9 febbraio ha messo la parola fine alla guerra di ricorsi avviata due anni fa dall’Anief per opporsi alla norma – contenuta nell’art. 1, comma 4-ter, del Decreto Legge 25 settembre 2009, n. 134 (Disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo per l’anno 2009-2010), cui ha fatto seguito la Legge di conversione 24 novembre 2009, n. 167 – che imponeva di collocare in coda alle tre nuove province tutti i candidati, inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, che ne avessero fatto richiesta: attraverso la sentenza n. 41 i giudici della Corte hanno confermato le sentenze del Tar e del Consiglio di Stato sul diritto da parte degli oltre 15.000 ricorrenti ad essere inseriti a ‘pettine’, secondo il proprio punteggio ed in base all’anzianità di iscrizione in graduatoria. Una disposizione che, se applicata, rischia di stravolgere decine di migliaia di posizioni in graduatoria, mettendo anche a repentaglio le immissioni in ruolo degli ultimi due anni: i vincitori del ricorso meglio posizionati potrebbero infatti chiedere l’assunzione, negata dell’ingiusto posizionamento in coda alle graduatorie dove avevano chiesto di essere inseriti.
Una istanza che la Consulta ha sposato in pieno: per i giudici superiori, infatti, la norma introdotta dal Miur nel 2009 sul trasferimento in coda avrebbe introdotto “una disciplina irragionevole che – limitata all’aggiornamento delle graduatorie per il biennio 2009-2011 – comporta il totale sacrificio del principio del merito posto a fondamento della procedura di reclutamento dei docenti e con la correlata esigenza di assicurare, per quanto più possibile, la migliore formazione scolastica”.
A questo punto, secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, "il ministro Gelmini dovrebbe prendere atto di non essere stata capace di gestire le graduatorie del personale docente, dovrebbe assumersi la responsabilità di aver creato un profondo danno erariale alle casse dello Stato e sanare la posizione dei ricorrenti aventi diritto, senza nulla togliere ai docenti già individuati nei contratti, come da prassi corrente".
Il sindacalista ritiene che "le regole vanno rispettate così come il rapporto tra i poteri dello Stato. L’organo esecutivo deve assolvere a quanto disposto dalla magistratura e non interpretare liberamente o faziosamente le regole del diritto. La sentenza – continua Pacifico – spazza via così ogni dubbio anche a chi, in questi giorni, ha proposto la proroga delle graduatorie in emendamenti specifici al mille-proroghe in discussione al Senato: è evidente, infatti, che un blocco o una cancellazione delle stesse graduatorie violerebbe i principi richiamati dal giudice delle leggi".
Ma l’invito del sindacalista non sembra che verrà accolto. Pochi minuti dopo le dichiarazioni del leader dell’Anief, è arrivata la replica del Capo dipartimento del ministero dell’Istruzione, Giovanni Biondi, che se da una parte reputava, alla luce del pensiero della Consulta, "inevitabile rifare le graduatorie", dall’altra ha annunciato che "presenteremo un emendamento nel Milleproroghe". L’alto dirigente del Miur ha spiegato che l’intenzione dell’Amministrazione è quella di “rispettare la sentenza”, una volta "rifatte le graduatorie, di congelare il meccanismo".
Secondo Biondi "quello che non è stato valutato approfonditamente nella sentenza è che queste sono graduatorie ad esaurimento, quindi il principio del merito che viene invocato nella sentenza vale per graduatorie dinamiche in cui un insegnante può poter aggiornare i suoi titoli continuamente. Pensiamo – a concluso il Capo dipartimento – che le graduatorie chiuse invece, che contiamo di esaurire con la progressiva entrata in ruolo degli insegnanti, non dovesse essere sottoposto a questo principio".
Una posizione ancora diversa è stata espressa della Gilda, il cui coordinatore nazionale, Rino Di Meglio, ha detto che "da troppi anni la gestione delle graduatorie scolastiche si presta a un contenzioso infinito: perciò chiediamo al legislatore di intervenire con regole certe e di non affidarsi ancora a regolamenti facilmente impugnabili".
La sentenza ha scatenato reazioni anche a livello politico. Gli schieramenti della sinistra, in particolare, reputano naufragato il tentativo della Lega, tramite l’operato del ministro Gelmini, di sbarrare la strada delle supplenze nelle regioni del Nord ai candidati prof provenienti da Roma in giù. “La consulta – ha detto l’on. Tonino Russo (Pd), componente della Commissione cultura della Camera dei Deputati, ha bocciato il tentativo del centrodestra, capitanato dal ministro Gelmini, di realizzare una vera e propria ‘linea gotica’ che impedisse, come fortemente auspicato dalla Lega Nord, la mobilità dei docenti sul territorio nazionale”. Russo ritiene anche che l“a sentenza avrà effetti devastanti: l’amministrazione sarà costretta ad assumere tutti quei docenti che, collocati in coda, nelle graduatorie aggiuntive, si sarebbero trovati in posizione utile per l’immissione in ruolo”.